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                                       ALESSANDRO VESSELA

 

                                                 Commemorato dall’Unione dei Cultori di Musica del Medio Volturno

                                                Edizioni ASMV – Piedimonte Matese 1983

 

 

                                                Dante B. Marrocco

                                                (dal “Corriere del Matese” del 18 Aprile 1965)

 

 

 

 

 

Agendo sul sentimento, la musica si rivela la più efficace educatrice delle folle. Non ha elaborazione concettuale. Ha modulazioni che sono espressioni di sentimenti disciplinari dall’armonia. E, o per immediata intuizione, o per educazione, ognuno può afferrare un sentimento così espresso, e scuotersi e commuoversi.

Alessandro Vessella l’aveva capito. Perciò il titolo di “maestro” gli compete non solo perché musicista, ma anche perché educatore.

 

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Seguiamolo nella sua formazione e nel suo exploit.

A. Cametti, R. de Rensis, E Pompei, A, de Angelis, il conte E. San Martino, M. Ingranati, lo hanno seguito e descritto con parola ammirata e competente. Sintetizziamone dunque la figura e l’opera. Eccone il profilo tracciato dal Pompei: “Di statura media, robusta… con le pupille acute e lucide…, col sorriso arguto e bonario, senza orgoglio vano, senza maschera di  genio, ma semplice, schietto, modesto… In questa semplicità borghese di persona, di parole, di atteggiamento, in quella bontà sorridente, in quella gentilezza naturale, si cela un’anima ardimentosa, un ingegno pronto e vivace, un volere che non piega innanzi a contrasti… Quest’uomo mite e tranquillo, che sorride scetticamente, che cammina lento e calmo, possiede nervi d’acciaio, resistenza singolare al lavoro, audacie ignorate dalle moltitudini, virtù ammirata dai migliori e dai più illustri”.

Il Comune di Roma aveva trasformato nell’83 in Concerto comunale la banda della Guardia Nazionale. Nell’85 muore il M° Pezzini di Chieti, e si bandisce il concorso. L’esame comprenderà: Svolgimento di un brano a quattro parti, e di una melodia, istrumentazione di un brano, sviluppo di un tema da istrumentare per banda. Vessella risultò il primo fra dieci, e il sindaco principe Torlonia, lo nominò il 27 aprile, appena venticinquenne. Il 5 luglio ci fu il primo concerto. Ecco il programma:

Vessella: Campidoglio, marcia trionfale

Mozart: Flauto magico, ouverture

Meyerbeer: 1° marcia aux flambeaux

Vessella: Casamicciola,ouverture

Wagner: Tannhauser, marcia

Mendelssohn: Ruy Blas, ouverture

Waldteufel: Grande vitesse, galop

L’esecuzione era impeccabile. Ma il pubblico e la critica erano dei campanilisti contrari alla musica tedesca, e volevano musica di casa. Perciò in Piazza Colonna e sulla stampa si ebbero applausi e critiche, e durante l’estate romana acclamazioni e fischi, e perfino bastonate. Ma Don Alessandro, calmo, olimpico, tirava diritto. Ci vollero anni, ma introdusse la musica classica tedesca in Italia. I romani conobbero e gustarono l’austero Bach, i romantici Mendelsohn e Chopin, il plastico e forte Wagner, e Beethoven dall’immenso respiro.

 

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Contemporaneamente Vessella riformava il complesso strumentale. L’effetto fonico dell’esecuzione non doveva staccarsi dal modello originale della composizione, e doveva corrispondere strettamente all’orchestra. Egli costruì il tipo della partitura per banda, “proporzionando” dice il Cametti “le sonorità dei gruppi, distribuendo gli strumenti per famiglie, abolendo strumenti inutili, introducendone altri (come la famiglia dei saxofoni) che servissero a temperare, ad amalgamare timbri fra loro dissimili (legni e ottoni)”.

Progettò così, fin dal ’94, la riforma delle bande militari, e dalla cattedra, istituita per lui nel ’95 presso il liceo di Santa Cecilia, e dalle pubblicazioni, e con le magistrali trascrizioni, e anzitutto con la sua banda, vinse la battaglia. I suoi 60 esecutori “orchestra di fiati”, con un nutrito repertorio di 80 pezzi dovuti a 40 autori, (15 italiani), entusiasmarono nell’estate del ’94 Berlino, Dresda, Monaco e Norimberga. Gli si vietò il concorso internazionale di Nizza nel ’97, ma nel 1903 stava a Londra e girava per la Gran Bretagna con 75 esecutori (pagati maluccio dal Comune), e veniva acclamato dalle folle e da Re Eduardo VII. Nel 1906 entusiasmava Milano e Firenze.

La crisi del 1905, con lo scioglimento della banda e la sua ricostituzione, trovò il Maestro pronto ad un’altra realizzazione. Fondò un’orchestra per offrire con tenue spesa dei concerti alle classe più modeste, e così educarle. E in due anni, dal 26 novembre 1905, offrì 50 concerti. E per essi, dopo aver bussato al Costanzi, all’Argentina, all’Adriano, si finì all’anfiteatro Corea, che divenne l’Augusteo.

Fu collocato a riposo nel 1921.

 

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Che lascia il Vessella?

Egli ebbe anche una notevole cultura letteraria e storica. Al Congresso internazionale di Scienze storiche (Roma 1903) presentò una comunicazione: Sull’evoluzione storica della partitura per banda dal ‘600 all’800. Scrisse pure: Di un più razionale ordinamento delle musiche militari italiane, (1894); e sull’argomento tornò con: Considerazioni e proposte di riforme. Ricordò il suo fantastico Viaggio artistico in Germania (1894); spiegò nel 1907 perché aveva voluto I concerti popolari dell’orchestra municipale di Roma. L’opera sua fondamentale rimane sempre: Studi di strumentazione per banda (1894). Lascia pure numerosi e appassionati pezzi per pianoforte, e lega il suo nome a notissime composizioni, quali Urrà!, che, su versi di D. Gnoli, fu eseguita il 18 ottobre ’98, alla basilica di Massenzio, con 300 coristi e 374 suonatori, in omaggio a Guglielmo II. Originalissimo è il Corteo nuziale eseguito al Quirinale per le nozze del nostro sovrano, il 24 ottobre ’96, e la dolorante Marcia funebre per la morte di Re Umberto I. Per eseguir ciò riuniva le bande degli Allievi Carabinieri, e quelle dei reggimenti dei Granatieri e di Fanteria, e allora la forza, la potenza dell’arte di Orfeo diveniva veramente colossale e irresistibile. Così fu eccezionale il concerto al Palatino, il 28 giugno 1901, per la nascita della principessa Iolanda, e quello del 24 giugno 1910 per il 25° della sua nomina: 400 esecutori, fra cui 200 ottoni, e fra essi, per la prima volta, alcuni contrabassi a corda.

Quest’uomo di genio, che col gesto faceva sprigionare dalla materia sentimenti che facevano estasiare o trasalire, il 6 gennaio 1929 era accompagnato al sepolcro da una folla sterminata di romani. La sua biblioteca musicale di 1078 volumi e 1832 opuscoli a stampa, e 50 volumi e 400 fascicoli manoscritti, fu donata dalla vedova signora Maria Villa, all’Istituto di Storia dell’Arte ed Archeologia in Roma.

 

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Per noialtri del Medio Volturno Vessella è di casa. Da Alife, dove vide la luce il 31 marzo 1860, era passato al conservatorio di Napoli. Voleva esser pianista, ma un crampo alla mano modificò la sua vocazione. Alla sua morte, il paese natale gli ha dedicato una lapide e un busto. Piedimone, il 20 maggio 1894, giorno in cui fu incoronata l’Immacolata, lo ammirò estatica sul podio, e l’associazione storica ne conserva il busto e 11 spartiti originali. Tutte composizioni di quando, ragazzo, diciassettenne, rivolgeva un Pensiero melodico alla principessa di Piedimonte e contessa di Alife Giacinta Santasilia Gaetani, e dedicava la melodiosa Serenità dell’animo alla giovinetta pianista Matilde Antonucci, o s’iniziava, poco dopo, alla musica sacra coi mesti accordi sull’agonia di Cristo, col Salve Regina alla Vergine, e con la Novena a S. Sisto (1884), ultimo canto del giovane cigno nel nido, prima di lanciarsi in volo verso lontani orizzonti di luce.

 

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