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Lettere scritte da Aurora Sanseverino, Duchessa di Laurenzano,

 

al Maestro di Cappella di Bologna Giacomo Antonio Perti

 

(conservate presso il Museo Bibliografico Musicale di Bologna)

 

 

 

Le lettere: elementi del testo

 

 

La firma che compare sulle lettere è quasi sempre la seguente:

Ill.ma per servirla sempre

Aurora Sans.no Duchessa

Gaetana D’Aragona

 

Il destinatario è segnalato nella maniera seguente:

Signor

Giacomo (Giac.o) Antonio (Ant) Perti

(Bologna)

Molto Ill.re Signor

 

Il mittente è riportato nel modo seguente: Illu.ma duchessa di Lauren.no

 

A fondo lettera, sotto il testo della stessa, appare la data; tranne che nei casi sporadici in cui trattasi di Napoli, occasione in cui in trascrizione sarà specificato, la cittadina dalla quale sono inviate le lettere è Piedimonte Matese, segnalato come Piedim. o Pied.te o Piedimonte o Piedmon.te.

A volte i mesi sono abbreviati con numeri romani (per esempio Xmbre per “dicembre”), alla moda del tempo.

 

 

I materiali di cui le lettere sono costituite

 

I fogli in cui consistono le lettere sono “piegati da viaggio” (secondo un’usanza rimasta in voga fino a Settecento inoltrato) e quasi sempre filigranati; poche sono le varianti in merito alle filigrane utilizzate nella trama.

Sul foglio esterno del plico di carte in cui consiste ogni singola missiva, che al tempo fungeva da busta della lettera stessa e che a volte conteneva anche parte del testo, compaiono ancora i segni della presenza della ceralacca, che è quasi sempre stata staccata a forza.

 

 

La trascrizione delle lettere

 

Per la trascrizione ci si è attenuti ad un criterio conservativo esclusivamente per quanto riguarda la forma; le parole, che compaiono in questa sede in più varianti, sono state regolarizzate adottandone la versione più attuale, mentre le abbreviazioni (come “med.mo” al posto di “medesimo”, “godim.to” al posto di “godimento” etc.) sono state sciolte.

Si riportano, evidenziate in grigio, le parti di lettere già edite[1] (riscritte poiché a volte si sono riscontrate discrepanze tra la versione autografa e la trascrizione pubblicata).

I testi che compaiono tra le parentesi sono esplicativi per quanto riguarda il senso delle parole contenute nella frase stessa; a volte forniscono sinonimi che aiutano il lettore a comprendere ciò che Aurora Sanseverino scrisse.

I testi che compaiono nelle note a piè di pagina hanno la funzione di collocare azioni e personaggi trattati nelle lettere.

Le parole che compaiono nel testo e sono scritte in corsivo sono in realtà assenti nello scritto originale, e vengono da me inserite per favorire la comprensione delle lettere.

Spesso si fa riferimento al “Vocabolario della Crusca”, di cui è stata usata la versione on-line.

In certi casi alcune parole sono risultate incomprensibili: si segnala tale difficoltà di interpretazione con un punto interrogativo.

 

 

Le lettere

 

Le lettere, trascritte integralmente, compaiono ivi in ordine cronologico (effettivo o presunto, a seconda che la data compaia o meno sulla missiva; in questo secondo caso il posizionamento della lettera all’interno dell’ordine presentato viene giustificato). Le missive che sono già state trascritte e pubblicate integralmente, non sono state riproposte, tuttavia se ne riporta il numero (ossia il codice di archiviazione) e, dove risulti presente, la data.

 

44.2.223

Questa lettera potrebbe essere effettivamente la prima lettera scritta da Aurora Sanseverino a Giacomo Antonio Perti, come pare evincersi dal testo.

 

Son quasi cinque anni, che ebbi la sorte di sentir cantare dal signor F. Giuseppe Canavese (Canavesi)[2] alcune composizioni di signoria vostra, e restai così assorta dalla lor dolcissima melodia, che per non fare ingiustizia al vero, fui costretta confessare non aver mai prima di quel tempo goduto simile compiacimento nella musica; ciò fu cagione, che io pregassi il medesimo signor Canavese a volermi donare quelle tre sue cantate, che fece gustarmi, e avendomene favorita d’una sola, di buona voglia gli rubai le due altre per non restar priva del maggior godimento, che avessi mai sentito in vita mia. Non mancai perciò per l’avvenire di usare tutta la mia diligenza per avere qualche altra, come ne può rendere a signoria vostra piena testimonianza il signor Nicolino di Brunsvic[3], quale avendomi favorito in questa mia terra, la prima cosa di che venire da me domandato fu, se teneva sue cantate, e d’una che ne aveva già me ne comporti il favore. Resa perciò sempre più invaghita di componimenti così preziosi, giuro il vero, che ho perso il gusto alle opere di ogni altro, né questa signoria vostra la stimi adulazione, perché essendo ben note per ogni luogo le sue eccellenti virtù, so che non tiene bisogno di fare acquisto di glorie maggiori, avendone già a mio parere toccato il sommo. Non ho mancato per tanto di nutrire sempre un mio desiderio di goder l’onore d’aver da lei registrata in note qualche mia composizione, mai però ho ardito di porgere a signoria vostra i miei preghi, ma ora che dal signor Giulio Cavalletti[4], che si trova attualmente al mio servigio, vengo assicurata delle cortesissime sue maniere, prendo l’ardire di supplicarmela, inviandole a tal’effetto due mie canzoni, acciò si degni prima correggerle in qualche verso, che mi conoscerà male acconcio per la musica, che sarà il maggior favore, che possa dispensarmi, col comparirne assieme gli errori, non essendo questa mia professione, e poi porle in note una per contralto, e un’altra per soprano. Né rechi questo a lei meraviglia, mentre essendo di contralto la mia voce non vogliamo farci invidia col signor Giulio, ma cantarne una ciascheduno; e perché io soffro il travaglio dei medesimi affetti ipocondriaci, che so che tormentano anche signoria vostra la prego portarle in stile patetico, come conosco essere sua inclinazione. Mi attendo dalla sua generosità questo favore, che mi legherà con indelebili obbligazioni al di lei merito, come conoscerà, se si degnerà compartirmi gli suoi comandi, dei quali unitamente me la prego. Per farmi poi con sicurezza, e sollecitudine godere delle sue stimatissime melodie, potrà indirizzarle al chierico Federico[5] mio corrispondente in San Lorenzo in Lucina di Roma[6], che mi favorirà di farmele subito capitare, mentre io mi confermo.

16 novembre 1698

 

K.44.1.138

Con l’occasione, che mi ha favorito qua il signore Luigino[7] virtuoso del serenissimo di Modena[8], la di cui ammirabile virtù par che sia un prodigio della musica, avendomi questo detto che deve passare per Bologna, prendo di nuovo l’ardire d’incomodarla per quelle mie due cantate, quali speravo riceverle dalla cortesia di signoria vostra dopo sbrigatosi dall’opera di Milano; e ora è finita anche col carnevale di recitarsi l’opera, e sono passati più giorni della quaresima, e non vedo comparire i suoi desiderati favori, quali si assicuri signoria vostra che non cresceranno di stima col farmeli bramare a lungo, perché la dovuta stima che ho del suo gran talento non può avanzarsi, essendo già al sommo, che perciò prego la somma sua gentilezza a farmi godere questo gusto, mentre pregandola anche a compartirmi i suoi cenni, mi confermo.

8 marzo 1699

 

 

44.2.201

Gli umili sentimenti che signoria vostra accoppia alle bellissime cantate, delle quali con singolar cortesia mi ha favorito già capitatemi l’ordinario passato, non servirebbero ad altro che di maggiormente ingrandirle, se di maggiore ingrandimento fossero capaci; ma perché di per loro essere sono degne di altissima stima, non faceva d’uopo che tanto si afflisse in motivarne di piccolo concetto. In tardanza tale che potevo accusarvi si rende degna di sé non per le cagioni accennatemi, e questa pure mi è piaciuta per il sommo gusto con che alla fine ho goduto della loro armonia, la quale se si mostra ammirabile nelle altre sei aggiuntemi, si scopre altresì ammirabilissima nelle due mie; e perché e nell’une, e nell’altre io ho gustato il sommo del diletto mi rendo da ciò ardita a pregarla quando abbia qualche cosa particolare del suo precisamente su la voce di contralto, di degnarsi favorirmene.

Dovendo io pure recitare una commedia nella quale ho la mia parte, e avendo per in medesima fatto comporre un prologo, prego la sua cortesia restar servita pormelo in note, cioè la parte di Imeneo per voce di soprano, la quale potrà comporla a suo gusto e quella di Marte per voce di contralto, su le corde alte e che la prima aria di essa sia un poco strepitosa e che vi possano giocare gli strumenti ed il canto secondo il suo genio; e questa deve recitarla il signor Giulietto, il quale se deve avere così espressiva voce di soprano, come lei sa con tutto ciò perché abbia anche una voce di contralto assai degna di pregio, lo sento però in questa, pregando signoria vostra volermene favorire con quanta maggior celerità, che le sue indisposizioni le permetto.

Ancorché poi io non conosca la signora sua moglie, prendo la confidenza di pregare signoria vostra a permettere, acciò si goda per mio amore di un paro di fioccagli[9] di zaffiri e diamanti che dal latore le saranno resi, in tosto contrassegno della mia amorevolezza e del gradimento col quale ho ricevuto gli effetti della sua generosa cortesia; e perché noi altre donne volentieri ce la intendiamo fra noi mi favoriva pregarla affinché faccia le mie parti appresso di signoria vostra di ricordarle insieme di volta in volta di qualche cantata e di sollecitarla nella composizione del prologo quale mentre resto attendendo dalla sua gentilezza unitamente con i motivi di poterla io servire sommamente bramo, e lei merita riportandole a che infinite riverenze per parte del signor Giulietto.

28 aprile 1699

 

44.2.100

Il graditissimo foglio di signoria vostra è si carico di espressioni, che se a me non fosse più che nota la sincerità del di lei animo mi darei a credere che voglia burlarmi, non avendo io fatto altro che mostrarle un piccolo contrassegno di gratitudine assai minore di quello che avrebbero meritato gli favori della signoria vostra con tanta gentilezza compartitimi: oltre che io mi presi questa confidenza con la signora sua moglie solo acciò mi avesse favorito tenerlo ricordato di farmi godere qualche componimento; la prego in tanto riverirla di nuovo in mio nome, e ricordarle il desio che ho di servirla e di signoria vostra mi rassegno.

31 maggio 1699

 

44.1.99

Quanto sono in obbligo alla cortesia di signoria vostra per il favore compartitomi di indirizzarmi così presto il prologo così due cantate di più, altrettanto devo dolermi di chi me ne ha ritardato il ricapito, né so perché; supponendo però che tutta la colpa sia del prete Cuzzani, che forse così ha voluto prendersi l’incomodo (sobbarcarsi l’onere) di prenderle dalla porta ed inviarle, ne ho portate al medesimo le mie doglianze di buona forma, perloché mi persuado doverle ricevere senza nessun dubbio nell’ordinario venturo. Onde così indicibile desiderio le resto attendendo così per goderne il concerto e l’armonia, quale tanto più risplenderà fra le umili espressioni con le quali signoria vostra oltre il bisogno s’è degnato anche pugnarle (concertarle, cfr. il Vocabolario della Crusca), mentre di per loro esse mostravano il suo ben conosciuto, e stimabilissimo talento, come anche corrispondere come devo a gli eccessi dei suoi favori, quali acciò per l’avvenire non mi vengano più ritardati, e con mio sommo rammarico la prego ciascheduna volta che favorirmi o di composizioni o di lettere indirizzate a Roma in potere del signor Francesco Antonio Cavalletti, che so stima, me le farà capitare con prestezza e pregandola a riverire in mio nome la signora sua moglie, di signoria vostra mi confermo.

7 giugno 1699

 

44.2.140

Lodato sia il Cielo che per l’ultimo in questo ordinario ha fatto capitarmi l’involto del prologo con le cantate ed ho goduto tanto così dell’uno come dell’altre, che certo migliori e più adattate al mio genio non avrei saputo desiderarle; basta insomma che siano parto del suo virtuosissimo ingegno, che io stimo la maggior lode che possa darseli a migliore e più sicura congiuntura, che spero fra poco mi si presenterà con l’occasione del ritorno di monsignore mio zio[10] in Roma, penso avrete un piccolo contrassegno del gradimento, che mi scuserà se non potrà uguagliare la grandezza del suo merito. Prego in tanto signoria vostra riverire in mio nome la signora Giulia sua consorte e ragguagliarmi se ella al presente sia feconda di figli; mentre bramo saperlo e desiderosa dei suoi comandi mi confermo.

28 giugno 1699

 

44.2.153

Il rammarico, che mi accenna aver ricevuto dall’avviso che le diedi di non essermi capitati i suoi favori delle cantate e prologo, mi persuado sia già cessato con la notizia che ne portai a signoria vostra nell’ordinario seguente di averlo con mio particolar gusto goduto; che non mi resta che di replicarne alla di lei cortesia sempre più vivi i ringraziamenti.

Sapendo poi quanto sia grande la sua devozione, prendo volentieri la confidenza di pregarla acciò voglia gradire una galanteria[11] d’argento da potersi tenere sopra di un tavolino, che per questo ordinario le invio dentro una cassettina, acciò la riceva non come uguale al suo gran merito ma come un piccolo contrassegno (dimostrazione) del gradimento con cui ho ricevuti i suoi favori; e con l’averla sempre avanti gli occhi la prego a ricordarsi così di onorarmi con qualche nuova cantata che le uscisse dalla penna, come di porgermi le occasioni di poterla servire, e facendo riverenza alla signora Giulia sua consorte, mi confermo.

12 luglio 1699

 

 

P.143.88

Se le sue composizioni sono a me riuscite per il passato di sommo compiacimento, queste due ultime cantate delle quali signoria vostra mi ha favorito mi hanno così molto, che non ho bastanti espressioni ad esprimere di quanto gusto mi siano state, assicurandola che se non mi fosse ben noto il suo impareggiabile talento le crederei dettate da un angelo, essendo veramente soprannaturale la loro melodia; che perciò uguali al gradimento con cui le ho ricevute ne rendo a vostra signoria le grazie, come faccio anche per le robe di chiesa inviatemi quali non ho per anche sentite, spero però a Dio piacendo goderle nella prossima festa dell’Assunta.

Ricordo cordialmente la signora Giulia sua consorte la di cui fecondità mi dispiace sia sospesa, però se come spero uscirà gravida prego signoria vostra a farmene consapevole; la prego in fine non ornar gli suoi fogli con tanta umiltà perché lei non vuole insuperbirsi della sua virtù, come parrebbe ben fare. Poiché è rara, almeno con tanto sapere non vi sta bene tanto abbassamento, ora che desiderosa de suoi comandi mi confermo.

2 agosto 1699

 

44.2.151

Anche io ho partecipato al rammarico di signoria vostra per essere giunta la galanteria d’argento inviatale tutta sconcia (rovinata, cfr. il Vocabolario della Crusca), non perché sia una gran cosa, ma solo per il sconsolo (delusione) che lei così ha ricevuto; ma perché io qui l’incasciai (impachettai) così bene che era impossibile a guastarsi, mi persuado che nella posta di Roma forse fu aperta per vedere che cosa c’era e per pesarla, e poi la riposero malamente e per tal cagione forse si è sconcia. Spero però che signoria vostra mi abbia usata quella diligenza che è sua propria per ricomporla nel primiero stato e d’avere con ciò memoria di ricordarsi di favorirmi di qualche cantata quando le uscirà dalla penna; la prego intanto riverirmi la signora Giulia carissimamente e ricordarsi di comandarmi, mentre io mi confermo.

9 agosto 1699

 

44.2.108

Nella lettera seguente si assiste al primo piccolo diverbio che avviene tra Aurora Sanseverino Gaetani e Giacomo Antonio Operti in seno alla loro corrispondenza (a proposito del quale trattasi più approfonditamente nelle lettere successive: 44.2.75 e 44.2.110).

 

Non godo maggior consolo (consolazione) in alcun tempo di quello che mi portano le sue composizioni, eppure signoria vostra me lo perturba con le tante sue umiliazioni, quando io con sincerità confesso non aver bastanti espressioni a trovare il suo talento ad uguaglianza del merito. Rendo intanto a signoria vostra infinite grazie per le due cantate delle quali mi ha favorito, ma perché troppo mi gustano non potrò dir mai di più, che perciò la prego a favorirne dell’altre sempre che se le porgerà la congiuntura (che ce ne sarà l’occasione). Riverisco cordialmente la signora Giulia, e desiderosa delle occasioni di servirla mi confermo.

20 settembre 1699

 

44.2.75

Nella lettera seguente compare la prima citazione della corrispondenza qui presentata, riguardante la chiesa fondata da Aurora (cfr. nota n° 4).

 

Lodate sian sempre le feste del Santo Natale che hanno fatto questo miracolo di farmi godere il favore dei suoi stimatissimi caratteri i quali tanto mi hanno recato di consolo, altrettanto mi hanno suscitata la rabbia le querele che vostra signoria da me lette nel foglio del signore Giulio con le quali ci accusa di aver mancato nel scrivere quando da me nel mese di settembre trascorso le fu rimessa una carta in cui la pregavo di qualche salmo e vespero o messa di sua composizione per l’apertura della nuova chiesa di Santissima Maria delle Grazie da me edificata ed aperta già nella passata festività della Concezione; e non ne ho ricevuta nessuna e poi vostra signoria si duole di nostra mancanza, di grazia la sua connaturale ipocondria, non cerchi comunicare ancora a noi, perché per altro io la compatisco a riguardo delle sue molte accuse a servigio (nei confronti) di persone che hanno maggior merito e richiedono maggior attenzione.

Rendo poi a illustre signoria vostra infinite le grazie dell’annuncio felice delle correnti festività quali con maggior vivezza del mio cuore vi annuncio colme delle prosperità più adatte al suo merito così a vostra signoria come alla signora Giulia e tutta la di lei casa, come altresì le rendo le mie obbligazioni della bellissima cantata di cui mi ha onorata, nelle lodi della quale non mi estendo perché esser opera del suo singolar talento e la maggior gloria che possa avere.

Con tal congiuntura (occasione) le faccio sapere come l’opera del signor Aldovrandini[12] nuovamente recitata in Napoli col solo nome di esser egli discepolo di vostra signoria, è stata di gradimento così particolare che, come mi vien scritto da persone di stima, è stata stimata la migliore di quante me ne sono state intese ed ha oscurata la fama della superba “Camilla” del signor Bononcini[13]; or dunque se un discepolo ha fatto tanto, che farebbe il maestro se mai non vi fosse. Io però questo non glielo auguro perché un tale onore lo bramerei solo per la mia casa se mai fosse possibile, non lascio però di portarle le mie grandi congratulazioni per la gloria del suo discepolo e pregando del farmi godere il consolo di servirla perché possa sminuire almeno il peso dei miei obblighi, nuovamente mi confermo.

3 gennaio 1700

 

44.2.110

Nella lettera seguente compare la prima allusione di Aurora Sanseverino al proprio imminente parto.

 

Né per pensiero ho preteso giammai dolermi di signoria vostra quasi che abbia mancato di favorirmi di risposta, perché mi è molto ben nota la sua singolare puntualità e mi vanto di conoscere le sue qualità ben degne d’ogni stima più che non le conosce lei medesimo. L’essermi mancate le sue composizioni nell’apertura della mia chiesa non le attribuisco a suo difetto, ma solo all’essersi disperso il mio foglio in cui ne pregavo signoria vostra; e perché nella medesima chiesa io devo solennizzare la prossima del glorioso mio patriarca San Giuseppe, replico a signoria vostra le mie preghiere, acciò se io piaccia trovarmi d’una sua messa, un vespro e qualche altra composizione da chiesa di quelle che lei mi accenna esser nuovamente uscite dalla sua penna, perché possa io ritrarre quel godimento non ordinario che di continuo ricevo dalle sue composizioni più che da qualsiasi altro.

La sua nobilissima cantata, che comincia “V’attendo mia pietosa” fu da me ricevuta e nel medesimo foglio ne portai a signoria vostra gli dovuti ringraziamenti quali ora replico alla di lei consegna anche a riguardo delle singolari espressioni colle quali fuor d’ogni mio merito si compiace signoria vostra trovarmi nella lettera del signor Giulio. Io poi vivo quasi in continui travagli cagionatimi dalla mia gravidanza, nel di cui quarto mese mi trovo, che spero in Dio portare a buon fine per godere farsi col parto il consolo di vedere signoria vostra come io con somma somma ardenza (entusiasmo) bramo; e mentre vivamente la prego a porgermi unitamente alla signora Giulia sua consorte le occasioni di servirla, nuovamente mi confermo.

7 febbraio1700

La scrittura continua al di sotto della data:

Dalla gravidanza mi si è proibito di scrivere di proprio pugno.

 

44.1.103

Mi giunse prima il stimatissimo foglio di signoria vostra unitamente con la cantata dalla di cui melodia son rimasta consolata non meno che dall’altre opere delle sue degnissime mani; e poi nel ritorno che ha fatto il signor Giulio da Roma mi ha recato anche la messa, col vespro, nel di cui canto non meno credo ne abbia gradire il glorioso patriarca San Gioseppone[14] da Todi, che io e tutti ne abbiamo goduto il concento (armonia, cfr. il Vocabolario della Crusca). Per le tante grazie che signoria vostra si compiace compartirmi, mi confesso confusa ed aggravata dal prego (debito) di infinite obbligazioni da cui non potrò mai alleggerirmi, se lei non me ne porge il motivo col comandarmi; la sua venuta qua quanto la bramerei, altrettanto non me la lusingo (non la spero) per gli estremi caldi nei quali succederà (avverrà) a Dio piacendo il mio parto, quando però potessi io godere un tal favore lo stimerò effetto della di lei benignità.

Devo poi rimetterle una cosuccia da godersi in mio nome dalla signora Giulia sua consorte, che penserei rimettere al mio agente in Roma acciò gliela indirizzo; però se signoria vostra la gradisse rimessa in possesso d’altro suo amico, perché le giunga più sicura, la prego insinuarmelo, mentre io devotamente mi confermo.

21 marzo 1700

 

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[1] Cfr. il ricchissimo e valido testo già citato di A. Magaudda e D. Costantini, Aurora Sanseverino (1669-1726) e la sua attività di committente musicale nel Regno di Napoli. Con notizie inedite sulla napoletana congregazione dei sette Dolori, in Giacomo Francesco Milano ed il ruolo dell’aristocrazia nel patrocinio delle attività musicali nel secolo XVIII, atti del Convegno Internazionale di Studi, Polistena- S. Giorgio Morgeto (12-14 ottobre 1999), a cura di Gaetano Pitarresi, Reggio Calabria, Laruffa, 2001

[2] Cantante molto noto presso i propri contemporanei, cantò a Pratolino (presso Vaglia, in provincia di Firenze, cfr. nota n° 15) nel 1684, a Modena nel 1688 e a Ferrara nel 1691; si fregiò più volte del titolo di “virtuoso del principe di Toscana” e cantò per Aurora Sanseverino Gaetani il 16 novembre 1698 e nel 1699, ma forse anche in altre occasioni.

[3] Nicola Paris detto “Nicolino di Braunsvich” per essere stato al servizio del Principe Ernesto Augusto di Braunschweig, era un virtuoso in servizio presso Aurora Sanseverino Gaetani e cantò per lei in numerose occasioni dal 1678 al 1700 almeno.

[4] Giulio Maria Cavalletti aveva studiato canto a Bologna con Colonna e con Pistocchi e aveva lavorato presso i duchi di Laurenzana fino al 1703. Egli aveva anche cantato in occasione della messa in scena di opere di Perti e conosceva bene il compositore (come testimoniano alcune lettere che i due si scambiarono).

[5] Federico Cuzzani, chierico minore caracciolino bolognese, a cui furono affidati la chiesa ed il convento della Santissima Maria delle Grazie, fatta edificare da Aurora Sanseverino Gaetani a Piedimonte Matese, alle falde di Monte Cila; egli è citato in altre lettere di Aurora Sanseverino. Spesso la famiglia Sanseverino fondò chiese votate alla Madonna delle Grazie o alla stessa dedicò cappelle. Presso la chiesa dell’Immacolata Concezione dei chierici Regolari Minori, che fa parte del convento voluto da Aurora, la duchessa fu tumulata il 3 luglio 1726 (il giorno dopo essere morta).

[6] Parrocchia romana, con sede nell’omonima via (al numero 16) centrale della capitale.

[7] Luigi Albarelli, detto Luigino, era un contralto castrato che aveva cantato più volte a Napoli a partire dall’ottobre 1698 e che era insignito del titolo di “virtuoso del Serenisimo di Modena”.

[8] Rinaldo III d’Este (1655-1737), detto “signor duca patrone” o più correntemente “patrono” di Modena; cardinale, rinunciò alla porpora per diventare duca nel 1694. A causa delle guerre di Successione Spagnola e Polacca abbandonò per due volte (1702 e 1734) i domini Estensi. Sposò Carlotta Felicita di Brunswick.

[9] Termine usato nel ‘700 nel Regno delle Due Sicilie e in Basilicata, ad indicare sia il cavo delle barche con cui si issano i pennoni da incrociare, sia per riferirsi ad un particolare tipo di orecchino.

[10] Francesco Acquaviva (Napoli 1665-Roma 1725), cardinale (dal 1706), fu nunzio in Spagna e poi ambasciatore di Filippo V presso il papa.

[11] Da “gala” che secondo l’interpretazione del Vocabolario della Crusca risulta un “Ornamento, che portan le donne su 'l petto, alquanto fuor del busto, ed è una striscia di panno lino bianco sottile, lavorato, e trapunto…”.

[12] Giuseppe Antonio Vincenzo Aldovrandini (8.6.1671 Bologna - 9.2.1707 Bologna) noto compositore allievo di Perti, è citato in altre lettere.

[13] “Il trionfo di Camilla regina dei Volsci”, è un dramma per musica in tre atti di Giovanni Battista Bononcini (1670-1747), su libretto di Silvio Stampiglia; la Prima fu messa in scena a Napoli, presso il Teatro San Bartolomeo, il 27 dicembre 1696. A lungo attribuita al fratello di Giovanni Bononcini, Antonio Maria, l’opera godette nel Settecento di straordinario successo. In trent’anni venne diffusa in una ventina di piazze teatrali italiane, mentre a Londra raggiunse l’impressionante numero di cento repliche tra il 1706 e il 1728; nel 1698 il compositore aveva provveduto a una rielaborazione della partitura (“La rinovata Camilla, la cui Prima si ebbe a Roma). Il dramma era il primo libretto originale di Silvio Stampiglia, testo destinato a vasta fortuna settecentesca, intonato per ben 38 volte a opera di maestri come Leo, Vinci (Parma 1725) e Porpora, che lo mise in musica per Barcellona nel 1755 e nel 1740, e nel 1760 a Napoli.

[14] Il riferimento è a San Jacopone.