Museo - Summary

 

MUSEO ALIFANO

DOCUMENTI PER LA STORIA DEI PAESI DEL MEDIO VOLTURNO

X

 

DANTE MARROCCO

 

L’ANTICO CALENDARIO LITURGICO DELLA DIOCESI DI CAIAZZO

 

ARTI GRAFICHE ARIELLO

NAPOLI

1966

 

 

 

 

Il manoscritto del museo alifano n. 26, in ottavo, mutilo al principio e alla fine, in scrittura gotica, paginato dal foglio 5 al foglio 120, tratta vari argomenti. È anzitutto un trattato di teologia pastorale, e questa parte è in corso di studio e di prossima pubblicazione. Seguono il Calendario liturgico della diocesi di Caiazzo, ed infine le regole aritmetiche per trovare l’epatta, e per seguire le fasi della luna[1].

Il trattato pastorale porta la data del 1558, il calcolo per le congiunzioni della luna inizia dal 1544. Siamo dunque a metà Cinquecento, ed esattamente il 1551.

Non ha firma, ma è lavoro paziente e preciso del sacerdote Stefano Crescarello di Caiazzo, canonico sacrista maggiore della Cattedrale[2], uomo che per quello che si sa, va collocato nella schiera dei colti ecclesiastici della cultura ambientale, e perciò preziosa per le future elucubrazioni storiche.

 

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Il calendario è anteriore alla riforma astronomica di Papa Gregorio XIII. Perciò risultano diverse le date d’inizio delle costellazioni dello Zodiaco. A parte ciò sono anche molto approssimate le date della durata del giorno e della notte accennate mensilmente in modo globale. Le lettere e i numeri servono al calcolo delle lunazioni e delle feste mobili. Così la rinnovazione della luna va calcolata dalla S maiuscola rossa per il 1545, T rossa per il 1546, A per il ’47, B per il ’48, ecc. Trovata la lettera che corrisponde a quell’anno e a quel mese, la linea dove cade mostra nel primo numero (nero) il giorno, nel secondo (rosso) l’ora, nel terzo (nero) il minuto. Son presenti le claves di Settuagesima, lxx, di Quaresima xl, di Pasqua, delle Rogazioni (cui segue l’Ascensione), e di Pentecoste, né manca logicamente la lettera domenicale che nel calendario inizia con A rosso. Ma, uscendo qui dal documento storico locale, e entrando nel campo della storia delle scienze, si deve dare altra trattazione all’argomento.

 

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Ma dove il documento si rivela più interessante è dal lato storico-liturgico. Non tratta i “tempi” e le feste mobili, ma solo il santorale. Essendo anteriore alle riforme di Papa Pio V, è per questo un prezioso epigono degli antichissimi dittici che ogni chiesa locale aveva[3]. Siccome però la chiesa di Caiazzo, forse nella sua ricostituzione, ma certo nella sua documentazione storica, non va prima del decimo secolo (prima il territorio apparteneva a Capua), è logico che i dittici non sono antichissimi ma medioevali. Da ciò consegue nel calendario: 1) il culto verso numerosi santi capuani (i due santi patroni Stefano e Agata, numerosi martiri dell’epoca romana, e confessori del primo Medio Evo)[4]; 2) il culto locale verso santi vissuti sul posto quali il vescovo S. Stefano Menicillo († 29 Ottobre 1023) di Macerata Campania, già arcidiacono di Capua, e l’altro vescovo S. Ferrante principe aragonese († 27 giugno 1082) pellegrino in Italia e poi eremita fra le colline caiatine. I due santi non sono nel martirologio romano, ma la storicità del loro culto non ne risente per questo, risultando dal calendario, e prima ancora dagli “uffici” del breviario locale in loro onore, risalenti, solo come documento, almeno al ‘200.

A questo elemento locale, che è quel che più conta storicamente, va aggiunta la sovrapposizione francescana dal 200 in poi. E questa è l’aggiunta “universale”, in quanto, a parte i più antichi e celebri martiri e confessori venerati dappertutto, nei culti propri della chiesa caiatina si usciva dall’elemento locale e regionale proprio per essi. Ma era stata un’aggiunta non imposta, anzi assai sentita anch’essa, e di colore locale, in quanto S. Francesco, di ritorno da Terra Santa era passato per Caiazzo, e nel ‘500 due conventi di Minori Cappuccini e di Conventuali e un monastero di Clarisse tenevano alta e viva la tradizione francescana sul posto. Importanza ha pure la devozione a S. Agostino.

La prevalenza di culti campani nel calendario caiatino, non sommerge la venerazione per santi delle più lontane regioni del mondo antico. E anche questa è una prova dell’influenza che la metropoli ecclesiastica, Capua medioevale dal 966, erede di quell’antica quasi cosmopolita, aveva sui territori suffraganei. Ma pure fortemente vi si fa sentire la direttiva romana. A parte i numerosi papi santi, ci sono feste prettamente romane, come il 2 Giugno per S. Marcellino e compagni martiri, che escludono le corrispondenti regionali, qual è nel caso di quella di S. Erasmo.

La distinzione tra le feste è accennata dal colore rosso e nero (Il primo colore è riportato in corsivo nella presente stampa). Dal msscr. Non appare né che quelle in rosso siano tutte di precetto, avendo fatto confronto con altri antichi calendari anteriori alle riforme di Papa Pio X, né che siano ordinate nella gerarchia liturgica, al di sopra delle Semplici e Semidoppie, in Doppie di 1° e 2° classe. Solo è dichiarata l’ottava di molte fra esse. Queste feste “speciali” (corsive), nel calendario caiatino ascendono al notevole numero di 66, e senza comprendervi le “mobili” dell’Ascensione, Corpus Domini e Settimana Santa.

Interessante la presenza di santi la cui festa capita in giorni diversi da quelli in cui sono venerati nel Martirologio delle Chiesa universale. È il caso di S. Julitta (15 Luglio) che non corrisponde all’omonima di Niederaltaich del 29 VII (AA. SS. Iun. V. 1709), né all’altra di Disinbodenberg del 22 XII (Zimmerman: Kalendarium Benedictinum, III 467, IV 407), né all’altra ancora di Songerhausen del 5 V (Funk: LTK, V. c. 734).

Interessante lo spostamento di altre feste. Così, per i SS. Vittore e Corona, la festa nel calendario caiatino cade il 18 Settembre, mentre nei Bollandisti ricorre il 14 Aprile.

In conclusione è un documento che, per essere stato trascritto dal Crescarello negli anni immediatamente precedenti le riforme liturgiche, anche se cronologicamente non è di grande antichità, riflette però quest’antichità perché non è nato allora, e perché attua un innesto fra culti locali e devozioni francescane più tarde, con un fondo di antiche dulìe dall’orizzonte tanto ampio che ben si può dire ecumenico fin dall’origine: il carattere della Chiesa.

 

Documento originale

 



[1] Fu esposto nel 1929 a Firenze, alla 1° Esposizione universale di storia della scienza, al n. 36 dell’inventario.

[2] Il titolo è Confessione coronata, e fu dedicato al vescovo Fabio Mirto. Il Crescarello volgarizzò anche l’antico Registro dei morti della Cattedrale. Da un altro manoscritto del museo si sa di lui che era stato rettore della chiesa di S. Nicolò de falchis, casale di Capua. Cfr. Faraone G.: Apologia (Caiazzo 1888).

[3] Cfr. Lanzoni F.: Le diocesi d’Italia dalle origini al secolo VII; Marrocco D.: Roma e Costantinopoli e le chiese del regno, pag. 12.

[4] D’Aquino U.: Le origini della diocesi di Capua (1966), pag. 9-10.