Museo – Summary

 

Il Lapidario del Museo di Piedimonte Matese

(articolo pubblicato con omissioni ed errori nel mensile “L’Altra Voce”, anno IV n. 1, febbraio 1997, p. 27)

 

Quando, nel 1927, il museo venne trasferito dal monastero di San Salvatore a quello di San Domenico, il direttore prof. Raffaele Marrocco (come già era stato stabilito in una deliberazione del 1877 da parte del consiglio comunale) pensò di adibire i portici che circondano il cortile interno a lapidario.

L’idea venne subito concretizzata ed alcune iscrizioni prelevate dai vari rioni di Piedimonte, insieme a poche altre già in dotazione, ne costituirono il primo nucleo. Tra queste, proveniente da San Giovanni, vi era: D.M.S. / NVMISIAE. DIAE / COIVGI. QVAE VIXIT / ANNIS XXXV M. IIII / ET PLOTIAE. TERTVL [...],      già pubblicata nelle “Memorie Storiche” del 1926 e successivamente apparsa, leggermente corretta e parzialmente integrata nelle “Notizie degli Scavi” anno 1929.

Tra le molte che arrivarono al chiostro dalla vicina città di Alife ricordo: [---] ATECO [---] / [---] REFEC [---] edita di recente dal prof. N. Mancini in “Allifae”.

Altre 12, proprie di Telese, vennero donate, insieme ad un gruppo di capitelli, dai signori Alberto e Luigi Pacelli di San Salvatore Telesino. Fra esse spicca il marmo dedicato a FABIVS. MAXIMVS. V. C., che e lo stesso personaggio citato in una epigrafe analoga pervenuta al museo dalle Torelle.

Neglia anni anteguerra ne vennero ancora da Alife e da Raviscanina, fra le quali un frammento ancora inedito e MATER DEORUM MESA / COLLEGI DE INDROFORI per un totale, fino al dicembre ’40 di oltre 30 lapidi. Successivamente la raccolta si è ancora ingrandita.

Epigrafisti di grande fama quali i proff. H. Solin, G. Camodeca e M. Buonocore si sono, in tempi diversi, recati sul posto per studiarle, rammaricandosi di come, maldestramente, qualcuno avesse colorato le lettere di rosso, pregiudicandone in molti casi la lettura corretta.

Ecco, per esempio, come è ridotta la famosa epigrafe di tre consoli alifani, già nota al vescovo Augustin nel ‘500. Vi si sarebbe dovuto leggere: ACILIAE. M’. F. / MANLIOLAE. C. F. / M’. ACILI. GLABRION / SEN. COS. PRONEPTI / M. ACILI GLABRIONIS / COS. II. NEPTI / M’. ACILI. FAVSTINI / COS. FILIAE / ORDO. DECURION.