Museo – Summary

 

Ludus

Periodico studentesco, Anno II, n. 2, Gennaio 1950

 

Il Museo dell’Alifano

Anche noi, come non molti, sia[mo] andati a visitare il Museo Alifano. Tra poco sarà riaperto regolarmente. Chiuso da otto anni è stata per noi una novità. Vi è in esso tutta la storia della nostra zona, dalle lontanissime epoche, in cui il Matese di oggi giaceva sotto le acque del Mediterraneo, alla preistoria italica, così lontana e favolosa, alla civiltà greca e romana, fino al Medioevo, al Risorgimento, ai giorni nostri. Una storia presentata non da uomini passionali, non esposta fanaticamente ma posta dinanzi ai nostri occhi dai prodotti stessi della preistoria, dell’arte antica e medioevale dalle necessità di tutti i tempi, non esclusi i nostri. Grandi vedute fotografiche, ci hanno mostrato gli aspetti tipici della nostra zona, e del nostro Matese, coi suoi panorami incantevoli.

Un’ampia sala forma l’antiquarium Allipharum.

Frammenti, mosaici, statuette, vasi ci hanno ricordato gli Alliphana copula di Orazio. Centinaia di oggetti di ferro e di bronzo ci hanno mostrato qual era la vita trenta secoli or sono, quando i primi Sanniti, ramo degli Osci Sabelli erano appollaiati sul Cila; vasi di squisita fattura ci hanno fatto ammirare quella splendida civiltà greca che li produsse. Il plastico del Matese ha attirato la nostra curiosità, mentre gli alberi pietrificati e le conchiglie fossili trovate a 1900 metri di altezza ci hanno fatto riflettere sulla immensa distanza dei tempi, mentre involontariamente “La conchiglia fossile” di Zanella veniva ripetuta nei suoi versi brevi e solenni. Monete della Grecia e di Roma, delle case reali del regno di Napoli e di famiglie patrizie sono allineate in bell’ordine in una saletta adiacente. Accanto ad esse Alessandro Vessella grande immortale tra i suoi spartiti.

Possibile che ci sia tanto sentimento in quei geroglifici sbiaditi dal tempo? Ancora in un’altra sala pone dinanzi ai nostri occhi ammirati un prezioso corale del ‘400: da quell’opera, lavoro faticoso dai Domenicani è come se uscisse ancora la salmodia notturna del pio Medioevo. Pergamene, pergamene rivestono le mura: sono firmate da Giovanna D’Angiò, Ferdinando D’Aragona. Il diploma di Carlo VI Imperatore germanico che eleva Piedimonte a città, desta anch’esso la nostra attenzione non meno degli Statuti della terra che testimoniano le antiche libertà piedimontesi sotto un patriarcale feudalesimo, non meno del ritratto di Ludovico Paterno il languido petrarchista.

Ceramiche artistiche, armi, stemmi, la bandiera dei garibaldini della Legione del Matese sono deposti in altri ambienti. Non manca il ritratto dell’ignorato giurista Vincenzo De Franchis, consigliere intimo di Filippo II di Spagna. In una ultima saletta – la quadreria – un bel S. Sebastiano mostra il suo spasimo, accanto ad altri santi contemplanti, a ridenti personaggi ed a moderni lavori di vedute piedimontesi. Questo abbiamo visto. Il nostro Museo piccolo ma fornito è stato per noi proprio una scuola.

Abbiamo assistito ad una lezione di storia e un pò ci siamo dimenticati del presente; le leggende medievali si sono fuse nel nostro cervello con la vita preistorica; Roma e la Grecia coi tempo nostri e con l’epoca terziaria. E noi col Timeo di Platone abbiamo assistito al mutare delle cose, all’evoluzione dell’uomo, allontanandoci dal presente ad un’origine misteriosa enormemente lontana che ha costretti, noi studenti chiassosi, al silenzio e alla meditazione.

I visitatori