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     Nella carriera e nella società (Giovanni Petella)

 

La carriera del Generale Petella fu un avanzamento naturale, uno sviluppo regolare, il doveroso riconoscimento della sua responsabilità e del suo merito.

Con R. Decreto del 29 Settembre 1880, il ventitreenne Dottor Petella veniva inquadrato come medico di 2° classe nel Corpo militare sanitario, e dopo sette anni era promosso alla 1° classe.

Era felice in una carriera che gli dava la possibilità di viaggiare, e non gli negava il tempo di studiare. Per essa in America, rifiutò la direzione di un Ospedale e di allettanti possibilità, ancora in giovane età.

È subito prescelto dal Gen. Verde Ispettore Capo dell’epoca, a collaborare per la Marina al Giornale medico del R. Esercito, con destinazione presso il Ministero. Ed egli per tre anni e mezzo, approfondì lingue straniere, studiò e pubblicò, poi nel ’87 partecipò alla campagna d’Africa. Tornato, nell’89 fondò con altri l’Unione militare di consumo e di credito, e fu delegato dal Ministero a formare lo Statuto.

Nel ’90 il Ministro della Marina lo invia a Berlino al X Congresso internazionale di medicina, per rappresentare la Marina italiana. Vi parla da dotto e da umanitario, affinché vengano applicati alla guerra marittima gli articoli addizionali della Convenzione di Ginevra (Croce Rossa). Ma nella discussione l’alleata Germania se ne sarebbe fatta iniziatrice. La proposta del Petella trova l’opposizione francese.

Ma non trascura logicamente il cuore. Adempiute le condizioni di legge, l’11 Gennaio 1891 è ricevuto da Re Umberto in udienza. Lo autorizza a contrarre matrimonio. Il 31 Gennaio le nozze son celebrate. È testimone il Ministro della Marina Benedetto Brin.

La sposa è Costanza Ricchi Quarti, romana, di distinta famiglia oriunda del patriziato di Camerino, poi trasferitasi a Roma, e appartenente al “mondo nero”, a quelle famiglie che hanno cariche nella Corte papale. Essa darà al Generale la sua discendenza: Emma, Maddalena e Vittorio lo venereranno, ed egli li adorerà. Ne ho dato solo doverosa notizia. Di lui si deve far conoscere la cultura. Non dobbiamo entrare negli affetti intimi.

 

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Nel ’97 è Medico Capo di 2° classe, e cioè Maggiore medico, Tenente Colonnello nel ‘905, è promosso Colonnello nel 1908.

Col compagno di corso, l’illustre Gen. Rho, Petella rappresenta sempre, a cavaliere dei due secoli, il binomio direttivo della medicina nella Marina militare d’Italia.

Dopo vari imbarchi temporanei, il suo sogno si avvera: sulla Flavio Gioia va per trenta mesi sulle coste americane, naviga nel Pacifico.

Viaggia e studia. Raccoglie le sue collezioni di storia naturale, di etnografia ed archeologia precolombiane. Donò poi tutto al celebre Pigorini che ne destinò parecchio al suo museo preistorico-etnografico, e distribuì altro a collezioni romane. Dette anche la famosa collana di minerali, donatagli a Lima. E per le benemerenze scientifiche, su proposta del ministro Boselli, ebbe il cavalierato della Corona d’Italia.

Nel ’91 lascia il Ministero, passa all’ospedale di La Spezia, ma due anni dopo è richiamato presso il dicastero. Deve preparare i lavori per l’XI Congresso internazionale che si terrà a Roma. Nel ’99 va in Olanda al Congresso internazionale di Utrecht, e viaggia per la Francia, la Germania, l’Inghilterra e la Spagna. Alterna il suo servizio a bordo e a terra. Passa così dalla “Cariddi” alla “Garibaldi”, alla “M. Adelaide”, alla “Re Umberto”, alla “Lepanto”, alla “Sicilia”, durante sedici anni. È ormai Medico capo nella Squadra del Mediterraneo.

Quando è a terra, va a specializzarsi nelle cliniche di Roma e di Torino. E qui, nel 1903 consegue la Libera Docenza di Patologia e Clinica oculistica.

La Sanità marittima di Napoli crea apposta per lui un Reparto oftalmico, ed egli vi fa adottare nuovi strumenti d’indagine, e vi divulga nuovi metodi di refractometria oculare per gl’iscritti di leva.

Nel ‘905 passa a dirigere l’ospedale di Porto Venere, nel ‘907 torna a Napoli come Vice Direttore, poi per tre anni sovrintendente al servizio sanitario della piazza militare marittima della Maddalena in Sardegna. È l’epoca in cui suo fratello Giuseppe, Ufficiale dei Carabinieri, lotta coi banditi nell’isola: due tempre, due attività, una legge per entrambi: il dovere e l’onore.

In Italia partecipa intanto, apprezzato relatore ai congressi di Torino nel ’98, Firenze nel ‘902, Napoli nel ‘905, Roma nel ‘906. In quest’anno è delegato ufficiale della Marina a Palermo, al I Congresso nazionale nella lotta conto il tracoma.

Nell’11 la guerra italo-turca impone lo sviluppo della Sanità marittima a Napoli, e il Petella è chiamato a dirigerla. In quella Scuola di Sanità detta la sua apprezzata Propedeutica oculistica. Il Ministro lo invia a Pietroburgo, ma la guerra, a fine Luglio ’14, impedisce quel Congresso internazionale.

L’anno 1915 il Maggiore Gen. Petella è a Roma, quale Sottocapo dell’Ispettorato di Sanità. Al tempo stesso dirige gli Annali di Medicina navale e coloniale. Resterà sei anni alla direzione, e alternerà storia delle scienze e studi di cardiologia. Nel ’20 è Capo dell’Ispettorato. Quando andò a riposo, nel ’22, tutte le riviste cui aveva collaborato lo salutarono con deferente nostalgia.

Nel 1908 aveva ricevuto la croce mauriziana, e così, linearmente, come per la carriera, era salito nella scala equestre al Grande Ufficialato della Corona d’Italia (1918) e a quello dei SS. Maurizio e Lazzaro (1922). Nel ’24 ricevette la grande Medaglia mauriziana per i dieci lustri di servizio. Nel ‘902, durante la sua visita a Costantinopoli era stato insignito della commenda dell’Osmanié di Turchia. Altre decorazioni ne decorarono il petto. La motivazione di quella d’oro, nella sua semplicità militare, spartana, è il suo elogio più ricco: “Per la luminosa carriera scientifica percorsa…, per aver concorso durante la guerra italo-austriaca alla preparazione ed esecuzione di tutti i servizi inerenti alla R. Marina”.

 

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L’uomo colto e fine ebbe relazioni degne di lui. Gliene vennero da tutti i settori della società in cui si affacciò. A Lima ebbe l’affetto del grande naturalista Raimondi, a Smirne conobbe lo Shaars che aveva tradotto Etudes sur Smirne dell’Iconomos. Quanta stima affettuosa lo legò ai luminari della scienza medica, Angelucci, Cardarelli, Di Blasio, Mingazzini! Il prof. Ovio Direttore della clinica oculistica dell’Università di Roma, gli scriveva nell’Ottobre ’33 (Don Giovanni aveva 76 anni): “Sei meraviglioso! Non so quanti giovani invidierebbero la tua freschezza di mente, la tua genialità e la tua erudizione!”.

Da altri campi della cultura corrisposero col nostro studioso il Curtius Direttore dell’Istituto archeologico germanico di Roma, Majuri archeologo, Pigorini etnologo, Capellini geologo, Sergi antropologo, tutti con dotta corrispondenza.

Lo conobbero politici come il Crispi e il Boselli, dame colte quali la duchessa Antonietta Gaetani di Laurenzana e la principessa Rosa Pignatelli Aragona Cortez. Nella marina poi ebbe cordialissime relazioni coi generali medici Livi, Rho, Sforza, col Thaon di Revel Duca del mare, e con gli ammiragli Cagni, Ciano, Corsi, Morin, Acton.

Non le aveva cercate né allontanate queste relazioni. Egli era certamente un uomo interiore ma non un eremita. Cessando dal servizio attivo nel ’22, passava nella riserva navale. Scriveva il Ministro: “…nella R. Marina. Ella ha recato il contributo dell’opera Sua altrettanto efficace per valore scientifico professionale, quanto apprezzabile per competenza e dignità di prestigio”. Ed egli, separandosi dai colleghi scriveva loro “…che almeno restino di me per ricordo e il buon volere che mi animò di far tutti contenti e il grande amore che posi in ogni cosa, che valesse ad elevarci sempre più in cospetto della Società civile” (Annali 10 Aprile 1922).

Nell’Aprile ’22 tornava per poco in servizio attivo, pure nel ’22 era promosso Generale medico capo, e nel ’26 Tenente generale medico.

S’era chiusa la pagina appariscente, funzionale, della sua vita, ma egli continuò a studiare, a scrivere, a visitare nel suo studio a Piedimonte, fin quando le forze nel ’33 cominciarono ad abbandonarlo. Per il ‘34 aveva pronosticato all’amico barone Torella “riposo assoluto”, che venne, eterno, il 14 Febbraio 1935.

Sul letto di morte, nel crepuscolo della coscienza, continuò per giorni a muovere la destra e a vergare sulla carta. Ma erano segni illeggibili. Era solo movimento irriflesso ed abitudinario? O era pensiero cui il sistema nervoso negava controllato movimento?… Nell’uno o nell’altro caso era la manifestazione conclusiva della sua vita di studioso e scrittore.

Saputasi la sua morte, l’Accademia di storia dell’arte sanitaria (Marzo ’35) lo commemorava quale “autentico rappresentante di quella schiera ormai sempre più esigua di medici umanisti”, la Stampa e il Nazionale (15 Marzo) lo ponevano “nella schiera gloriosa degli americanisti italiani”; la Rassegna italiana di Oftalmologia (n. 5-6 del ’35) ne ricordava “l’attività di scrittore veramente prodigiosa”; “È questo dello scrivere fu il suo gesto finale, prima di entrare nella breve agonia”. Numerosa altra stampa lo ricordò con viva impressione. Senza clamori ma con reverente ammirazione il Petella veniva così salutato al suo scomparire. I medici di Piedimonte portarono la sua bara. Aveva rinunziato agli onori militari.

Nel centenario (1961) dell’istituzione del Corpo sanitario militare marittimo, il Generale Pezzi Direttore generale, nella sua “Breve storia” lo poneva “nella storia gloriosa delle scoperte mediche di questi ultimi cinquant’anni”, e sotto la sua immagine scriveva: “insigne storico della medicina ed umanista”.

 

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