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■ Il pensiero scientifico di G. Galilei (cenni).
1. - Premesse.
Per introdurre, brevemente, il
pensiero scientifico di Galilei, conviene ricordare il periodo storico in cui
visse (Rinascimento) e quello precedente (Medio Evo).
A) Medio
Evo (V – XIV secolo).
Il Medio Evo aveva
caratterizzato un periodo di decadimento della ricerca scientifica, specialmente
nel campo della Fisica, che era considerata come parte, perfino la meno
importante, della filosofia.
Lo studio di questa
disciplina veniva condotto sulla base di poche ed incerte esperienze,
interpretate mediante principi metafisici
o logici, o alla luce delle Sacre Scritture o delle teorie aristoteliche.
Si pensava, ad esempio, che
la causa della caduta dei corpi fosse la paura del vuoto, che questi cadessero
per andare a congiungersi alla terra, secondo i dettami di Aristotele.
Lo studioso del Medio Evo
era mistico, aveva, come unico vero obiettivo, la salvezza dell’anima, mentre
la sua visione della natura era condizionata da gravi pregiudizi.
B) Rinascimento (fine XIV – XVI secolo).
Al
Medio Evo seguì un periodo di rinascita del pensiero e dell’attività umana.
La natura cominciò ad essere
osservata senza preconcetti metafisici: essa divenne finalmente l’oggetto delle
ricerche scientifiche.
Questo
nuovo movimento culturale, che si sviluppò nei secoli XV e XVI, va sotto il
nome di Rinascimento.
La
scienza, così, si separò dalla filosofia e divenne autonoma.
Tuttavia, almeno nella prima
fase del Rinascimento, gli studiosi si richiamavano ancora alle idee dei
filosofi greci; ma poi cominciarono a nascere convincimenti nuovi e, finalmente,
si liberarono da molti preconcetti.
Sorse
allora il problema della scelta del metodo
d’indagine sulla natura.
Per
fortuna, la scelta fu a favore dell’esperienza e dell’interpretazione
matematica delle leggi,
Tuttavia,
lo studio delle scienze risentiva ancora di
gravi pregiudizi.
Infatti, si voleva indagare
sul perché e per qual fine un fenomeno si svolgeva in un
certo modo, perdendo di vista ancora una volta il vero problema della
scienza, che consiste nella ricerca del come esso si manifesta, della legge
che regola il fenomeno stesso e non tanto della causa che lo determina.
Tutto ciò fu compreso
perfettamente da G. Galilei, il cui
pensiero, quindi, va considerato alla luce di quest’ultimo periodo storico
(Rinascimento).
I suoi studi, uniti a quelli
di Copernico e di Newton, diedero una visione nuova
dell’universo, soppiantando quella vecchia di Aristotele e Tolomeo, durata molti secoli.
Solo
ai nostri tempi, per merito principale di A.
Einstein, si è avuta una percezione diversa del cosmo.
2. - Metodo
induttivo-sperimentale di Galileo Galilei (Pisa, 1564 –
Arcetri, 1642).
Il metodo proposto da Galilei, è in realtà induttivo-deduttivo, perché una volta
ottenuta, induttivamente, la legge, esso consente di ricavare, deduttivamente,
tutte le possibili conseguenze.
Vediamo con più
dettagli questo metodo.
·
Le quattro fasi del metodo.
Secondo
Galilei, alla legge fisica si deve giungere attraverso le seguenti quattro fasi:
1) Osservazione
del fenomeno,
come si manifesta
liberamente in natura, e ricerca dei dati utili per l’indagine, ossia delle grandezze fisiche da cui dipende;
2) ipotesi interpretativa,
ottenuta da un attento esame
del fenomeno che, per mezzo della matematica, conduce alla formulazione
analitica della ipotesi di legge, non ancora considerata valida;
3) deduzioni
ricavate dalle
ipotesi; cioè ricerca delle conseguenze della legge, mediante l’uso della
matematica;
4) esperimento,
ossia riproduzione artificiale, nel laboratorio, del fenomeno, o di una
sua conseguenza logica, dopo aver eliminato tutte le cause perturbatrici.
Solo se l’esperienza
conferma totalmente le ipotesi, allora la legge, per altro già formulata, è
considerata valida e, con essa, tutte le conseguenze logiche.
· Osservazioni.
Come si può vedere il metodo
di Galilei nelle prime due fasi è induttivo, ma nelle successive è deduttivo.
Inoltre, non bisogna
confondere il suo metodo, detto anche induttivo-matematico,
con il metodo induttivo-empirico di Bacone.
Il metodo di Bacone è solo
induttivo. In altre parole si limita alla ricerca della sola legge fisica qualitativa, cioè descrizione del fenomeno e relazione, solo a parole, fra cause ed
effetti.
Per Galilei, inoltre, la
natura non si può costruire solo sulla carta, come vogliono i razionalisti
(per esempio, Aristotele), ma sono necessarie l’esperienza e l’uso dei calcoli,
perché le leggi si possono esprimere solo in termini matematici.
Egli ritiene che si possa
indagare solo sulle qualità primarie
del mondo esterno, ossia quelle che possono essere rappresentate da numeri,
quali le dimensioni dei corpi, lo spazio, il tempo (cioè, le grandezze fisiche), poiché solo queste
esistono sicuramente, al di fuori di noi.
Non si può ricavare invece
alcuna legge fisica sulle qualità
secondarie dei corpi, quali il colore, il sapore, il suono, poiché queste
sono solo delle rappresentazioni mentali: esse non esistono nel mondo esterno, ma
solo nel nostro mondo interno.
3. - Principio di causalità empirica.
Conviene anche ricordare
che il fondamento teorico di tutti
i metodi induttivi è il Principio di
causalità empirica, che si
può enunciare così: ogni
effetto ha una sua causa e viceversa.
In altre parole: per ogni fenomeno esistono delle condizioni
necessarie e sufficienti perché esso si verifichi.
Se tali condizioni si
avverano, allora necessariamente segue anche il fenomeno stesso e, viceversa,
se il fenomeno si verifica, allora esistono determinate cause che lo hanno
prodotto.
Ma, il concetto di causalità
è più complesso di quanto non si creda.
Infatti una prima classificazione considera almeno due teorie sulla causalità:
·
causalità meccanica (sostenuta da Galilei) e
·
causalità finalistica (propugnata da Aristotele),
corrispondenti a due determinate posizioni filosofiche e scientifiche.
Lo studio di queste teorie è
principalmente compito dei professori di filosofia.
Qui voglio solo far notare che spesso si attribuisce ad Aristotele il limitato sviluppo della fisica nella nostra tradizione culturale di origine greca – romana.
Effettivamente la civiltà greca e quella romana non hanno dato molto sviluppo alle scienze in genere, a causa di una loro avversione verso tutto ciò che potesse apparire come lavoro manuale.
Questo lavoro, infatti, era affidato ai servi e agli schiavi, mentre gli aristocratici si dedicavano piuttosto all’arte della guerra e alle attività sportive; i più esaltati imitavano addirittura il comportamento delle divinità, quando non si ritenevano essi stessi divini.
Ma certo non era stata questa la posizione di Aristotele nei confronti dello studio della natura, anche se aveva dato pochissima importanza al metodo sperimentale.
I veri
responsabili del limitato sviluppo della fisica furono invece gli aristotelici,
i seguaci di Aristotele, i quali pensavano di trovare le risposte a tutti i
problemi nelle teorie del Maestro stesso, frenando così la formazione di
nuove idee.
Ebbene, Galilei, che pure
può apparire un avversario di Aristotele, si può addirittura considerare il
vero seguace di Aristotele, poiché aveva accettato, ed anzi esaltato,
l’importanza delle esperienze e, a differenza degli aristotelici, egli ne
continuava effettivamente le ricerche.
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