3. GLI ORGANI COSTITUZIONALI DELLO STATO ITALIANO.

Intendiamo con tale espressione non tanto gli organi previsti dalla Costituzione, che sono numerosi ed esercitano alle volte soltanto o prevalentemente funzioni consultive o amministrative, ma quegli organi che, pur previsti e regolamentati dalla Costituzione, sono preposti in tutto o in parte dall'esercizio di  uno dei tradizionali poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) in cui si concreta la sovranità popolare: quella sovranità che appunto trova negli organi costituzionali le forme e i limiti in cui esercitarsi.

Ma tali forme e limiti derivano da una Costituzione votata che il popolo ha dato a se stesso tramite i propri rappresentanti liberamente eletti per cui si può giustamente parlare di autolimitazione della sovranità popolare: il che conferma la usuale definizione della sovranità stessa come potere d'impero originario ed esclusivo.

Ci occuperemo quindi distintamente degli organi costituzionali esaminandoli nello stesso ordine in cui ce li presenta la Costituzione e rilevando che anche la loro successione ha un significato logico in quanto vuol stabilire oltre che una graduatoria d'importanza giuridica e morale anche una specie di cammino ideale dell'attività dello Stato per il raggiungimento dei fini che gli sono propri: esamineremo infatti in primo luogo il PARLAMENTO, organo del potere legislativo da cui emanano le norme che danno vita ed impulso a tutta l'azione statale; poi il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, che non essendo organo di alcun potere ha tuttavia compiti che ineriscono tutti i poteri e si pone proprio come supremo regolatore e coordinatore tra i due principali poteri, legislativo ed esecutivo; quindi il GOVERNO, organo del potere esecutivo che attua la volontà del Parlamento e ne subisce il controllo, quindi ancora la MAGISTRATURA, organo del potere giudiziario per l'applicazione delle leggi ai casi concreti e l'amministrazione della giustizia;  infine la CORTE COSTITUZIONALE, suprema garanzia per i cittadini del rispetto da parte di tutti compreso gli organi dello Stato, nelle norme costituzionali.

 

 3.1    Il Parlamento. 

 Si compone dalla Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, come è sancito nell'articolo 55. Fu questo, assieme ai successivi artt. fino al 69 che trattano della composizione e funzionamento del Parlamento, tra quelli più a lungo animatamente discussi in seno all'Assemblea Costituente: si trattava infatti, nel configurare l'organo legislativo della Repubblica, di risolvere una serie di importantissimi problemi dovendosi decidere anzitutto tra repubblica parlamentare o repubblica presidenziale, poi tra sistema unicamerale o bicamerale e infine scelto il sistema bicamerale, decidere tra parità delle due Camere o prevalenza dell'una sull’altra.

 Per quanto riguarda il primo problema prevalse la tesi dei sostenitori della repubblica parlamentare, con il temperamento di cui l'art. 94 ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo e l'instabilità dei governi; circa il secondo problema, pur nell'accanimento della discussione, prevalse la tesi dei sostenitori della tesi bicamerale (organo legislativo articolato in due diverse assemblee) su quella del sistema unicamerale (organo legislativo formato da una sola assemblea) per la considerazione che la seconda camera serve ad attuare il principio generalmente accettato dall'equilibrio dell'organizzazione dello Stato, in quanto creando come dei contrappesi degli organi costituzionali si evita che un solo organo abbia poteri tali da poter attuare forme più o meno larvate di assolutismo; ed infatti la concentrazione di tutto il potere legislativo in un solo organismo avrebbe potuto dar vita ad un assolutismo democratico così come si era avuto prima un assolutismo monarchico.

La stessa ragione di equilibrio, assieme alla considerazione che non poteva essere menomato il principio della sovranità popolare aveva fatto optare per una seconda camera elettiva come la prima e con eguali poteri che però da essa si differenziasse per composizione e sistema elettorale: il timore poi dei pericoli, da alcuni paventati, di un possibile conflitto fra le due Camere su qualche disegno di legge, fu facilmente dissipato dalle acute considerazioni dell'On. Mortati secondo cui “[...] in regime parlamentare l'arbitro e il disciplinatore dell'attività legislativa è il Governo, il quale dovendo curare il costante mantenimento della fiducia da cui deriva la sua investitura troverà di volta in volta il mezzo più adatto per soluzione delle divergenze: i dissidi possono insorgere su questioni secondarie e allora il governo lascerà cadere, almeno per il momento, il progetto su cui si manifesti l'opposizione di una Camera; ma se il progetto è essenziale alla realizzazione della politica governativa, allora il governo porrà su di esso la questione di fiducia. La fiducia comporterà una crisi che dovrà risolversi o con le dimissioni del Governo o con lo scioglimento di una o di entrambe le Camere". L'esperienza di 50 anni del funzionamento del Parlamento ha confermato quanto già si poteva desumere da tutta la storia parlamentare italiana che cioè Camera e Senato in tutti i casi di divergenza hanno sempre finito per accordarsi senza mai giungere ad un vero e proprio conflitto.

Altro motivo di animata discussione fu il nome da dare al Parlamento in seduta comune, volendo alcuni dare vita ad una specie di organismo a se stante con propri poteri, con propria presidenza e proprio regolamento, una specie di terza camera denominata Assemblea Nazionale: ma la tesi da molti avversata non prevalse e si arrivò così alla formulazione del secondo comma dell'art.55 secondo cui il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi previsti dalla Costituzione, mantenendo il nome di Parlamento e riunendosi sotto la Presidenza e nella sede della Camera dei deputati.

I casi espressamente previsti per le riunioni comuni delle due Camere del  sono:

a)         per l'elezione del Presidente della Repubblica (art. 83);

b)         per porre il Presidente della Repubblica in stato di accusa per alto tradimento o per attentato alla Costituzione (art. 90);

c)         per ricevere dal Presidente della Repubblica l'atto di giuramento di fedeltà alle leggi dello Stato e di osservanza della Costituzione (art. 91);

d)         per porre in stato di accusa il Presidente del Consiglio dei Ministri o i singoli ministri (art. 96);

e)         per eleggere un terzo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104);

f)          per eleggere un terzo dei componenti della Corte Costituzionale o i 16 membri aggiunti alla Corte stessa nei giudizi di accusa contro il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio e i ministri (art. 135).

 

Come abbiamo visto per mantenere il vantaggio del sistema bicamerale evitandone i danni occorreva che le Camere, pur rimanendo entrambe elettive e rappresentative, fossero diverse per composizione e sistema di elezione: vediamo ora da un breve parallelo come ciò si sia raggiunto.

 

LA CAMERA DEI DEPUTATI è eletta a suffragio universale e diretto ed è composta da 630 deputati ripartiti proporzionalmente, nel modo previsto nell'art. 56, tra le circoscrizioni elettorali cui è diviso il territorio della Repubblica: partecipano alle elezioni tutti i cittadini che abbiano compiuto il 18° anno di età e non siano incorsi in alcune delle cause tassativamente previste dalla legge per la privazione del diritto di voto e possono essere eletti tutti i cittadini che nel giorno delle elezioni hanno compiuto il 25° anno di età. Ha la durata di 5 anni, non può essere prorogata se non per legge e solo in caso di guerra (art. 60) e può essere sciolta anticipatamente dal Presidente della Repubblica (art. 88).

Nulla dice la Costituzione circa il sistema elettorale da adottarsi per l'elezione della Camera dei Deputati ed è bene aver lasciato alla legge ordinaria il compito di determinarlo in relazione alle mutevoli esigenze nel tempo della società e dei partiti che riflettono la volontà popolare.

 

IL SENATO DELLA REPUBBLICA è eletto a suffragio universale e diretto su base regionale, cioè è attribuito ad ogni regione, secondo quanto stabilisce l'art. 57, un numero di Senatori proporzionale alla popolazione della regione stessa e in ogni caso non inferiore a 7 tranne il Molise che ne ha 2 e la Valle d'Aosta che ne ha uno solo.

La determinazione del rapporto tra popolazione e numero di senatori fatta su base regionale anziché nazionale, con un numero minimo assegnato ad ogni regione, ha voluto costituire, secondo quanto disse il relatore Mortati, "[...] un collegamento stabile e istituzionale fra l'ordinamento regionale ed il Senato". Limitatissima deroga al principio elettivo, che non infirma il carattere rappresentativo del Senato, costituisce l'art. 59 secondo cui sono Senatori di diritto e a vita gli ex Presidenti della Repubblica; inoltre il Presidente della Repubblica ha la facoltà di nominare Senatore a vita 5 cittadini che abbiano acquisito particolari meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

Alle elezioni del Senato partecipano tutti i cittadini che abbiano compiuti il 21° anno di età, mentre per essere eletti Senatori occorre aver compiuto il 40° anno: il più elevato limite di età per l’elettorato attivo e passivo del Senato fa di questo ramo del Parlamento un corpo più selezionato, composto di persone più mature che offrono maggiore garanzia di preparazione e serietà nell'assolvimento dei compiti costituzionali. La durata del Senato è fissata a 5 anni, ma anch'esso può essere prorogato per legge solo in caso di guerra o sciolto anticipatamente dal Capo dello Stato. I Senatori (315) sono eletti con il sistema del collegio uninominale.

Nessuna limitazione può essere apportata, se non per legge, all'elettorato attivo e passivo: così può essere privato del godimento dei diritti politici chi ha riportato condanne penali particolarmente gravi o è stato dichiarato fallito da non più di 5 anni, mentre sono determinati dalla legge i casi di ineleggibilità o di incompatibilità parlamentare, come quella tra membro del Parlamento e Sindaco di Comune con più di 20.000 abitanti o Commissario del Governo presso le Regioni o Comandante militare nella circoscrizione del proprio comando. Alcuni casi di incompatibilità (i più importanti) sono tuttavia previsti dalla stessa Costituzione come quelli di Deputato e Senatore (art. 65), tra membri del Parlamento e Consigliere regionale (art. 122) o Giudice della Corte Costituzionale (art. 135) o Membro del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104) oltre, naturalmente l'incompatibilità assoluta tra l'ufficio di Presidente della Repubblica e qualsiasi altra carica (art. 84) compresa quindi quella di Deputato o Senatore.

All'infuori dei casi previsti di seduta comune, Camera dei Deputati e Senato tengono separatamente le proprie riunioni, ciascuna nella propria sede (rispettivamente Palazzo Montecitorio e Palazzo Madama), eleggendo ciascuna nel proprio seno il proprio Presidente e l'ufficio di Presidenza ed adottando ciascuna il proprio regolamento; inoltre ogni Camera, come prevede l'art. 66, giudica dei titoli di ammissibilità dei suoi componenti, ossia compie la cosiddetta verifica dei poteri e decide sui casi sopraggiunti di ineleggibilità e di incompatibilità.

            Le sedute delle Camere sono pubbliche e ad esse può assistere chiunque, previo rilascio del biglietto di invito da parte delle rispettive Segreterie: tuttavia le stesse Camere possono deliberare in determinate circostanze o per determinate discussioni di tenere seduta segreta. Per la validità delle deliberazioni di ogni Camera è necessario che vi sia il numero legale cioè che sia presente la maggioranza dei componenti (50%+1) e che nelle votazioni sia riportata la maggioranza dei voti dei presenti, tranne i casi in cui la Costituzione prevede una maggioranza speciale detta qualificata che può essere la maggioranza assoluta dei componenti quando si tratta dell'adozione del regolamento interno di ciascuna Camera (art. 64) o della dichiarazione di urgenza di una legge (art. 73) o della messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica (art. 90) o infine dell'approvazione delle leggi costituzionali (art. 138) e può essere quella di 2/3 quando si tratta della elezione del Presidente della Repubblica (art. 83) o dell'approvazione delle leggi costituzionali senza bisogno di referendum (ultimo comma dell'art. 138).

Alle sedute delle Camere hanno diritto di assistere i membri del Governo tanto se sono contemporaneamente membri del Parlamento quanto se non lo sono (dal che si desume che la Costituzione non pone nessun divieto per l'elezione a membro del Governo di estranei al Parlamento); tale diritto diviene peraltro obbligo  se la Camera richiede la presenza dei componenti del Governo, i quali hanno pure il diritto di essere sentiti ogni volta che lo richiedano.

            I membri del Parlamento rappresentano nell'esercizio delle loro funzioni l'intera Nazione e non quel collegio elettorale o quel gruppo di elettori che ne ha determinato l'elezione: è vero che essi si sono presentati alle elezioni sostenendo un programma e un orientamento politico particolare, ma non sono vincolati (se non sul piano morale) a quel programma e a quell'orientamento in quanto la rappresentanza che esercitano ha una particolare configurazione giuridica, diversa da quella esistente nel campo del diritto civile perciò detta appunto politica. Lo dice chiaramente l'art. 67 “esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, cioè non è investita da parte degli elettori di un mandato imperato che presupporrebbe la revocabilità del mandato stesso e l'obbligo di uniformarsi all'incarico ricevuto non potendosi in ogni caso, data la natura specifica, parlare di resa dei conti; il rappresentante eletto deve sentirsi libero da vincoli, di interessi o di categoria, per mirare unicamente all'interesse del Paese ed esercitare le proprie funzioni secondo i dettami della propria coscienza.

Ad assicurare libertà ed indipendenza all'esercizio delle funzioni parlamentari mirano anche le disposizioni dell'art. 68 che tratta le cosiddette immunità per le quali nessun membro del Parlamento può essere perseguito per le opinioni espresse e i voti dati, né può essere sottoposto a procedimento penale senza autorizzazione della Ca­mera cui appartiene (a tal fine in ogni Camera vi è una apposita Commissione per la concessione delle autorizzazioni a procedere), né può essere arrestato o comunque privato della libertà personale o perquisito, se non nel caso in cui sia sorpreso in fragranza di rea­to per cui sia obbligatorio il mandato di cattura: l'autorizzazione della Camera di appartenenza è necessaria anche quando si debba procedere all'arresto di un Deputato o Senatore per l'esecuzione di una sentenza di condanna anche irrevocabile emessa prima della elezione.

Nei primi parlamenti europei (così era anche secondo lo Statuto Albertino) non era concessa alcuna indennità di retribuzione ai componenti e ciò rendeva difficile l'accesso a questi Organi rappresentativi di elementi provenienti dalle classi medie o più umili, a parte anche l'esistenza del suffragio ristretto: ma l'introduzione del suffragio universale, la necessità di assicurare a tutti, anche ai nullatenenti, la possibilità effettiva e non solo teorica di entrare a far parte del Parlamento, dedicando all'attività parlamentare ogni propria energia senza preoccupazioni di carattere economico, ha consigliato gli Stati moderni (e così ha fatto anche la nostra Costituzione con l'art. 69) a stabilire per i membri del Parlamento una indennità nella misura fissata dalla legge originaria.

Si tratta di una indennità e non di uno stipendio o retribuzione ed è per questo che non fu accolta la proposta formulata dall'Assemblea Costituente di stabilire una misura più alta per coloro che non abbiano altri renditi: "[...] è una indennità a rimborso spese ‑ disse l'On. Ruini - ne deriva logicamente che deve essere conferita indipendentemente la situazione finanziaria di coloro cui è attribuita". Compito principale del Parlamento è quello di discutere ed approvare le leggi, tanto quelle costituzionali che quelle ordinarie. Ma questo è un discorso troppo vasto che esula dagli scopi del nostro lavoro.

Esaminiamo qui, invece, gli altri compiti del Parlamento che sono il controllo politico e amministrativo‑finanziario sull'operato del Governo, il potere d'inchiesta e il concorso della formazione degli altri organi costituzionali.

 

IL CONTROLLO POLITICO del Parlamento sull'organo esecutivo è costante e di fondamentale importanza per l'avverarsi del principio democratico secondo cui democrazia è governo del popolo per il popolo: esso accompagna tutto il cammino del Governo dal suo sorgere al suo termine e si attua mediante il voto di fiducia, l'interrogazione, l'interpellanza e la mozione, che sono istituti con i quali il Parlamento avvia, per cosi dire, l'opera del governo, la segue nel suo svolgimento, la convalida e vi pone termine. Infatti, il primo atto che un governo, formato dopo le elezioni o in seguito ad una precedente crisi ministeriale deve compiere è quello di presentarsi al Parlamento, esporre il proprio programma d’azione e chiederne la fiducia: ottenutala da ciascuna delle Camere con votazione per appello nominale come prescrive l’art. 94 il Governo può mettersi all'opera, altrimenti deve rassegnare le dimissioni prima ancora di iniziare la propria attività.  

Notevole il valore politico e morale della prescrizione dell'appello nominale nel voto di fiducia perché tende ad eliminare il fenomeno cosiddetto dei franchi tiratori, cioè di coloro che nel segreto dell'urna votano anche in modo difforme dalla linea del Partito al quale appartengono e costringe ogni membro del Parlamento ad assumere le proprie responsabilità a viso aperto dando anche al Presidente della Repubblica la possibilità di trarre da una votazione negativa utili indicazioni per la formazione del nuovo governo.

Con L'INTERROGAZIONE ogni membro del Parlamento isolatamente o assieme ad altri può rivolgere domande al Governo per conoscere l'esattezza di un fatto o un'informazione o di un provvedimento che sia stato adottato o debba esserlo: è una semplice richiesta di notizie alla quale risponde a voce o per iscritto, secondo il desiderio dell'interrogante, il Ministro o sottosegretario competente.

Più importante, perché implica un giudizio di merito sull'operato del Governo, è l'INTERPELLANZA che consiste anch'essa in una richiesta rivolta da uno o più parlamentari per conoscere i motivi che hanno indotto il Governo a comportarsi in un determinato modo o ad assumere o non assumere un determinato atteggiamento: riguarda un campo limitato e non gli aspetti generali della politica governativa e si pone come forma intermedia tra l'interrogazione e la mozione.

La MOZIONE infine è un invito al Governo a comportarsi in un determinato modo e viene presentata da uno o più deputati o senatori al fine di provocare un'ampia discussione generale sulla politica governativa che si conclude con un voto. Le più importanti tra le mozioni sono quelle che riguardano la concessione della fiducia o della sfiducia al Governo, perché ne determinano la sorte con la permanenza in carica o le dimissioni: particolari cautele atte ad assicurare la serenità sia per la presentazione che per la discussione sono previste dall'ultimo comma dell’art. 94 per le mozioni di sfiducia, le quali debbono recare la firme di almeno 1/10 dei componenti della Camera in cui sono presentate (63 Deputati o 31 Senatori) e non possono essere discusse prima di tre giorni dalla presentazione evidentemente per dar modo al Governo di prepararsi e non essere colto alla sprovvista.

Il CONTROLLO AMMINISTRATIVO‑FINANZIARIO sul governo viene effettuato mediante la discussione e l'approvazione dei bilanci e del rendiconto consuntivo dello Stato che il Governo deve presentare entro il 31 gennaio di ogni anno e che il Parlamento deve approvare entro il 30 giugno, in quanto il 1° luglio ha inizio il nuovo anno finanziario: solo in caso di assoluta impossibilità il Governo può essere autorizzato all'esercizio provvisorio con apposita legge e per non più di quattro mesi, come prescrive l’art. 81. Si tratta di un atto formalmente legislativo perché si concreta con l'approvazione di una legge che viene poi regolarmente promulgata e pubblicata, ma in sostanza è un mero atto amministrativo di controllo finanziario che il potere legislativo esercita sull'esecutivo, in quanto non fa sorgere nei cittadini alcun nuovo diritto o alcun nuovo obbligo: è atto tuttavia di estrema importanza perché attraverso di esso il Parlamento esamina e controlla tutta la politica del Governo e lo dimostra l'interesse dei parlamentari ed il tempo che tale discussione impiega occupando quasi interamente l'attività parlamentare dal mese di febbraio a quello di giugno e molto spesso, con il ricorso all'esercizio provvisorio fino al mese di ottobre. La serietà, la profondità, l'interesse con cui si svolge la discussione sui bilanci è certamente, per un Parlamento, il miglior indice della sua maturità politica e sensibilità per i problemi della Nazione.

Il POTERE DI DISPORRE INCHIESTE su materie di pubblico interesse deriva al Parlamento dall’art. 82 e costituisce un mezzo a disposizione per il potere legislativo per accertare direttamente fatti e raccogliere elementi e dati per formulate proposte di legge, come pure per svolgere indagini di carattere giudiziario al fine anche di porre in stato di accusa il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio o i singoli Ministri secondo i già citati artt. 90 e 96: tali inchieste vengono svolte da apposite commissioni nominate dalla Camera che ha deliberato l'inchiesta stessa, o dalle due Camere congiuntamente (se entrambe le Camere hanno deliberato l'inchiesta sulla medesima materia), sono composte da un numero di parlamentari tali da rispecchiare la proporzione tra i vari gruppi ed hanno gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Infine il Parlamento concorre a formare altri organi costituzionali, primo fra tutti ad eleggere il PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ed è anche questo compito di vitale importanza in regime democratico perché fa discendere della volontà popolare espressa dai rappresentanti in Parlamento la formazione di tutti gli organi dello Stato realizzando ancora una volta la formula dal popolo per il popolo.