3.4              La Magistratura.

3.4a      Funzioni e ordinamento giudiziario

      La Magistratura esercita il terzo potere costituzionale, cioè quello giudiziario, che consiste nel far rispettare le leggi, punire chi le trasgredisce e garantire a tutti i cittadini la sicurezza dei loro diritti.

            La Costituzione stabilisce (art. 101) che “la giustizia è amministrata in nome del popolo”, poiché nella nostra repubblica democratica il popolo è sovrano, e che “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”, autonomi e indipendenti da ogni altro potere. E infatti solo un'effettiva autonomia dei magistrati dal potere esecutivo e da quello legislativo garantisce che essi possano operare in assoluta libertà, senza essere sottoposti a tentativi di pressione: non sono più, come in passato, alle di­pendenze del Ministro della giustizia, il quale ha sì la facoltà di promuovere nei loro confronti l'azione disciplinare (art. 107), ma per il resto gli competono fun­zioni puramente amministrative che riguardano “l'organizzazione e il funziona­mento dei servizi relativi alla giustizia” (art. 110).

            A capo della Magistratura è il Consiglio Superiore della Magistratura, ma i giudici non sono vincolati da alcuna dipendenza gerarchica e si distinguono fra loro sol­tanto per la diversità delle loro funzioni (art. 107). Accanto alla magistratura ordinaria, sono ammesse alcune magistrature speciali (previste dagli artt. 100 e 103), come il Consiglio di Stato (tribunale speciale amministrativo a cui si fa ricorso contro i provvedimenti della Pubblica Amministrazione), la Corte dei Conti (tri­bunale speciale amministrativo che controlla la contabilità pubblica), i Tribunali militari (che in tempo di pace giudicano i reati militari commessi dagli apparte­nenti alle forze armate, mentre in tempo di guerra hanno funzioni giurisdizionali di più ampia portata) e i Tribunali amministrativi regionali (TAR), istituiti recen­temente in applicazione dell'art. 125.

      Gli organi della magistratura ordinaria si differenziano secondo che agiscano in sede civile (controversie tra cittadini) o penale (accertamento e punizione di reati).

Giudicano le cause civili:

- il Giudice conciliatore: ha sede in ogni Comune e decide da solo le liti di valore non superiore alle L.50.000;

- il Pretore: opera in un mandamento (sono circa 900 e ognuno comprende uno o più Comuni) e decide da solo le controversie di valore da oltre L.50.000 fino a L.750.000 e alcune controversie per materia (per es.: rapporti di lavoro);

- il Tribunale: opera nel circondano (sono 156 e ognuno comprende più man­damenti) ed è composto, in ogni sezione, di un Presidente e di 2 Giudici «a latere»; giudica tutte le controversie che non sono di competenza del Conciliatore e del Pretore.

In queste sedi si emettono giudizi di primo grado e inoltre contro la sentenza del Conciliatore si può ricorrere al Pretore, contro quella del Pretore al Tribunale.

- la Corte d'Appello: opera nel distretto (sono 23 e ognuno comprende più cir­condari) ed è composta, in ogni sezione, di un Presidente e di 4 giudici che deci­dono in secondo grado sulle vertenze giudicate in prima istanza dai Tribunali. Contro le sentenze di secondo grado emesse dal Pretore, dal Tribunale, dalla Corte d'Appello si può ricorrere in terza istanza alla Corte di Cassazione, limitatamente alle questioni di diritto.

Nelle cause civili vengono comminate condanne pecuniarie e il pagamento delle spese processuali nei confronti di chi perde la causa.

Giudicano le cause penali:

- il Pretore: è competente per i reati per i quali la legge stabilisce una pena de­tentiva fino a tre anni;

- il Tribunale: si occupa in prima istanza dei reati per i quali è esclusa la compe­tenza del Pretore e della Corte d'Assise e in seconda istanza dei ricorsi contro le sentenze del Pretore, il Tribunale dei Minorenni si occupa di quanto riguarda i minori degli anni diciotto (reati, adozioni, affidamento dei figli ai genitori sepa­rati, ecc.);

- la Corte d'Assise: è composta di un Presidente, di un giudice «a latere» e di 6 cittadini «giudici popolari»; è competente a giudicare i reati più gravi (delitti contro lo Stato, strage, omicidio, rapimento, ecc.) comportanti la pena dell'erga­stolo o della reclusione non inferiore a otto anni;

- la Corte d'Appello: decide in seconda istanza i reati giudicati in primo grado dai Tribunali;

- la Corte d'Assise d'Appello: ha la stessa composizione numerica della Corte d'Assise e giudica in seconda istanza i ricorsi contro le sentenze di questa;

- la Corte di Cassazione: è composta di sei sezioni (tre civili e tre penali); ha sede in Roma ed estende la sua competenza su tutto il territorio nazionale; giudica in terzo e ultimo grado le sole questioni di diritto, cioè controlla se, sulla base dei fatti accertati, è stata applicata correttamente la legge.

È significativo che nei delitti più gravi, accanto ai giudici ordinari, siano chiamati

a giudicare le giurie popolari, che sono formate di semplici cittadini estratti a sorte da elenchi di persone provviste di determinati requisiti: il loro intervento è neces­sario perché il giudizio non risulti soltanto una rigida applicazione della legge, ma risenta anche di una certa comprensione umana e sociale.

 

3.4b     Il Consiglio Superiore della Magistratura.

           

            Il Consiglio Superiore della Magistratura, disciplinato oltre che dalla Costituzione (art. 104 e segg.) da una legge del marzo 1958 n. 195, è presieduto dal Capo dello Stato ed è composto di due membri di diritto (il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione) e di altri 21 membri, 14 dei quali sono eletti da tutti i magistrati ordinari tra quelli di Cassazione, di Corte d'Appello e di Tri­bunale, e i 7 restanti sono eletti dal Parlamento in seduta comune, scegliendoli tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati con 15 anni di esercizio della professione.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica 4 anni e non sono immediatamente rieleggibili.

I compiti del Consiglio Superiore della Magistratura riguardano le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti di sede, le promozioni dei magistrati, i provvedi­menti disciplinari nei loro confronti (art. 105), la formulazione di proposte per un miglior funzionamento degli Uffici giudiziari e di pareri su disegni di legge che riguardano la magistratura.

 

3.5              La Corte Costituzionale.

3.5a     Caratteri e Composizione.

           

            La Corte Costituzionale è un organo supremo istituito, per la prima volta nel nostro Paese, dalla Costituzione repubblicana del 1948 (seguendo l'esempio adot­tato in alcuni Paesi europei del secondo dopoguerra) per proteggere la Costi­tuzione con potere giurisdizionale: essa è in pratica un tribunale unico che giudica sulle controversie che possono sorgere sulla legittimità costituzionale delle leggi e contro le cui decisioni non è ammessa alcuna impugnazione.

            La Corte Costituzionale è composta di 15 giudici, 5 dei quali nominati dal Presi­dente della Repubblica (in rappresentanza del potere esecutivo), 5 dal Parlamento in seduta comune (in rappresentanza del potere legislativo) e 5 dalle più alte ma­gistrature ordinaria e amministrative (in rappresentanza del potere giudiziario); il Presidente è scelto ed eletto fra gli stessi componenti.

Essi durano in carica nove anni, si rinnovano a gruppi secondo le norme stabilite dalla legge e non possono essere nuovamente nominati (art. 135 modificato con legge costituzionale 22-11-1967 n. 2); godono delle stesse immunità dei membri del Parlamento.

            Nei giudizi d'accusa contro i1 Presidente della Repubblica (per tradimento o atten­tato alla Costituzione) o contro il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri (per reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni), ai  15 giudici ordinari della Corte si affiancano 16 membri tratti a sorte da un elenco di cittadini, aventi i requi­siti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni 9 anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.

            La Corte Costituzionale ha potuto iniziare i suoi lavori 12 aprile 1956 in quanto, in ottemperanza all'art. 137, è stato necessario emanare con leggi costituzionali e ordinarie le norme per la sua costituzione e funzionamento.

 

3.5b     Funzioni.

           

            Per comprendere quanto siano importanti le funzioni della Corte Costituzionale basta considerare che nel nostro ordinamento sono tuttora presenti numerose leggi entrate in vigore non solo durante il periodo fascista, ma anche successiva­mente, contrastanti in tutto o in parte con i principi posti dalla Costituzione re­pubblicana.

Se nel corso di un procedimento giudiziario qualsiasi, dovesse essere applicata una norma che solleva dei dubbi sulla sua costituzionalità, il giudice, di sua inizia­tiva o sulla base di una richiesta (ritenuta fondata) dei legali delle parti o del Pub­blico Ministero, sospende il giudizio e trasmette gli atti alla Corte Costituzionale. Se la Corte riconosce e dichiara illegittima la norma in questione, la stessa cessa di avere validità dal giorno successivo a quello della pubblicazione della sentenza. Dal momento del suo insediamento, la Corte ha abrogato molte norme contrarie ai principi della Costituzione - in gran parte residuo della legislazione fascista -oppure che hanno perduto, nella realtà dei tempi, la loro ragione di essere, ma so­prattutto ha assolto, e assolve, la funzione importantissima di impedire alle forze politiche che abbiano conquistato il potere di abusarne e quindi rappresenta l'as­soluta garanzia di stabilità del regime democratico in Italia.

            I compiti della Corte Costituzionale sono dettagliatamente descritti dall'art. 134 della Costituzione. A essa compete: giudicare sulla legittimità costituzionale di una legge ordinaria, di un decreto legislativo o di una legge regionale nonché sui conflitti di competenza fra i poteri dello Stato e su quelli fra lo Stato e le Regioni o fra le Regioni; sottoporre a processo il Capo dello Stato, il Presidente del Con­siglio e i singoli Ministri nei casi previsti; verificare se le richieste di referendum abrogativo (art. 75) non si riferiscano a casi per i quali esso è vietato, come le norme tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.