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a Indice) 3.
L’attività legislativa,
di indirizzo e di controllo.
I Deputati svolgono l’attività legislativa sia in Aula sia
in Commissione. Dopo la prima seduta della Camera ognuno di essi deve scegliere
a quale commissione appartenere; in ogni commissione viene quindi eletto un
ufficio di presidenza (costituito da un presidente, due vicepresidenti e due
segretari), che ha il compito di coordinare i lavori, i quali si svolgono
secondo il regolamento generale della Camera.
Le varie proposte di legge vengono assegnate a una o più
d’una delle 13 commissioni permanenti[1]
secondo la materia di competenza.
La Commissione svolge un primo esame del progetto di legge
e al fine di preparare il testo che poi l’Assemblea dovrà discutere nelle sue
linee generali e articolo per articolo. Questo nel caso in cui il progetto sia
stato assegnato in sede referente; se invece è assegnato in sede
redigente, l’Assemblea lo vota, ma non può modificarlo.
L’Assemblea può anche decidere che un progetto di legge sia
assegnato ad una commissione in sede legislativa; in questo caso, una
volta approvato in Commissione, il progetto non passa più dall’Aula, ma viene
inviato direttamente
al Senato perché lo esamini, oppure, se è già stato approvato
dall’altra Camera e non ha subito modificazioni, viene mandato al Presidente
della Repubblica perché lo promulghi e divenga legge.
La procedura è leggermente diversa per i decreti–legge
emanati dal Governo e che debbono essere convertiti in legge dalle Camere entro
60 giorni, pena la loro decadenza: devono essere sempre esaminati anche
dall’Assemblea; inoltre, prima di passare all’esame della Commissione
competente per materia, devono essere sottoposti al parere della Commissione
affari costituzionali che verifica se rispondono ai requisiti di necessità e
urgenza previsti dalla Costituzione.[2]
3.1. Il controllo sul Governo.
Anche l’attività di indirizzo e di controllo sul Governo si
svolge sia in Aula sia in Commissione.
All’assemblea plenaria sono riservati i momenti di
dibattito più importanti che riguardano grandi questioni all’attenzione
dell’opinione pubblica: non solo le risposte alle interrogazioni e interpellanze
con le relative repliche, ma la discussione di mozioni o risoluzioni,
che spesso si concludono con un voto impegnativo per il Governo.
Dalle ultime legislature i Deputati usano anche un altro
strumento di controllo: l’interrogazione a risposta scritta. Esso non
consente di sviluppare a viva voce la propria posizione, ma è d’altra parte più
rapido e generalmente ottiene più attenzione da parte del Governo e una
risposta più veloce.
3.2. Le commissioni bicamerali.
Un’attività simile è svolta dalle Commissioni bicamerali,
anche se non produce direttamente leggi, anch’essa è finalizzata al lavoro
legislativo, da un lato, e al controllo sul Governo, dall’altro. Le Commissioni
bicamerali, costituite da Senatori e Deputati, sono di vario tipo: di
indirizzo e controllo, come, ad es., quella sulla RAI–TV; di inchiesta
come, ad es., quelle che nel passato si sono interessate alla loggia massonica
P2, al caso Moro o al caso Sindona.
Anche in quest’ultima
legislatura, come in passato, infine è stata costituita una Commissione
bicamerale per le riforme istituzionali con il compito di formulare delle
proposte di modifica della Costituzione italiana e recentemente una Commissione
bicamerale su tangentopoli.
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a Indice) LA COMUNITA’ EUROPEA
Sua
Maestà il Re dei Belgi, il Presidente della repubblica Federale di Germania, il
Presidente della Repubblica francese, il Presidente della Repubblica italiana, Sua Altezza Reale il Granduca di Lussemburgo, Sua Maestà la
Regina dei Paesi Bassi,
Determinati
a porre le fondamenta di un' unione sempre più stretta fra i popoli europei,
Decisi
ad assicurare mediante un'azione comune il progresso economico e sociale dei
loro paesi, eliminando le barriere che dividono 1' Europa,
Assegnando
ai loro sforzi per scopo essenziale il miglioramento costante delle condizioni
di vita e d'occupazione dei loro popoli,
Riconoscendo
che l'eliminazione degli ostacoli esistenti impone un'azione concertata intesa a garantire la stabilità
nell'espansione, l'equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza,
Solleciti di rafforzare
l'unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo armonioso
riducendo le disparità fra le differenti regioni e il ritardo dI quelle meno
favorite,
Desiderosi
di contribuire, grazie ad una politica commerciale comune, alla soppressione
progressiva delle restrizioni, agli scambi internazionali,
Nell'intento
di confermare la solidarietà che lega l'Europa ai paesi d'oltremare e
desiderando assicurare lo sviluppo della loro prosperità conformemente ai
principi dello statuto delle Nazioni Unite,
Risoluti a
rafforzare mediante la costituzione
di questo complesso di
risorse le difese della pace e della libertà facendo appello agli altri popoli
d'Europa, animati dallo stesso ideale perché si associno al loro sforzo,
Hanno deciso di
creare una Comunità Europea.
1. L’UNIONE EUROPEA.
L'unione
europea è divenuta ormai, tramite le sue istituzioni ed i suoi atti, una
concreta realtà della vita civile, economica, sociale, politica e istituzionale
dell'Europa.
Per
ricostruire le radici di quello che è ora un impegno comune, bisogna risalire
ad un'epoca storica che ha avuto molta influenza nella formazione di
generazioni che hanno iniziato a credere in una possibile Unione Europea.
Per
esaminare più specificamente le diverse esperienze che si sono presentate nella
realtà storica europea, occorre analizzare soprattutto il periodo intercorso
tra le due grandi guerre.
La
Prima Guerra mondiale portò il declino politico dell'Europa in conseguenza
all'ascesa sulla scena internazionale degli Stati Uniti d'America. Infatti, il
quadro internazionale cambiò rapidamente: le potenze sconfitte uscirono di
scena, e così pure la Russia e l'Italia che, pur avendo raggiunto la tanto
agognata unità, non ebbe grande peso nella realtà internazionale.
La pace sancita dal Trattato di
Versailles del 28 Giugno 1919, provocò una frammentazione politica dell'Europa
Centrale ed Orientale, basata sul principio della nazionalità e del diritto dei
popoli all'autodeterminazione.
Per
garantire il nuovo ordine mondiale sancito dalla pace di Versailles, ed evitare
altri conflitti, il presidente americano Wilson propose di dare vita ad
un'organizzazione internazionale, la Società delle Nazioni con sede a Ginevra,
cui gli Stati Uniti non presero parte. In questa nuova realtà, l'aspirazione
all'unità europea sempre presente nel pensiero dei più grandi esponenti
politici, trovò una nuova eco negli scritti dell'economista italiano Luigi
Einaudi. Al pari di Einaudi, anche Giovanni Agnelli tentò di dare un contributo
alla soluzione dei problemi italiani in termini europei. Analoghe tendenze sono
riscontrabili in altri Paesi europei. Infatti, tra i sostenitori di una
soluzione unitaria europea vanno ricordati alcuni statisti impegnati nei
governi dei rispettivi Paesi alla fine della Prima Guerra mondiale: David Lloyd
George, premier britannico, Gustav Stresemann, ministro degli esteri tedesco e
soprattutto il francese Aristide Briand, a lungo Presidente del Consiglio e
ministro degli esteri.
Proprio
da Aristide Briand venne la proposta più avanzata ed organica fra quelle
formulate nel periodo fra le due guerre: si trattava di un disegno unitario
europeo di carattere federale ed europeo basato sulla riconciliazione
franco-tedesca. Il progetto presentato alla Società delle Nazioni il 5
settembre 1929 fu abbandonato in seguito alla morte di Stresemann, all'inerzia
del governo Mussolini in Italia e all'avvento al potere di Hitler. Dopo di lui
per molti anni non fu più avanzata altra proposta di un'organizzazione unitaria
europea. Nel 1939, anno in cui iniziava il secondo conflitto mondiale, in Gran
Bretagna si costituì, su iniziativa di William Beveridge, il comitato promotore
dell'Unione Federale europea, che diede luogo a una fiorente attività pubblica
di propulsione verso gli ideali europeistici.
Durante
i primi anni della Seconda Guerra mondiale, in Italia e più precisamente a
Ventotene, fu rilanciata l'idea di realizzare un progetto federale europeo.
Alcuni antifascisti italiani, fra cui Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio
Colorni, diedero vita ad un progetto di manifesto "Per un'Europa libera
ed unica", sulle cui basi nel 1943 fu costituito il Movimento Federalista
Europeo.
Dopo
la fine della Seconda Guerra mondiale, il Movimento Federalista Europeo iniziò la propria concreta attività per
la realizzazione di una prospettiva unitaria federale. Nel frattempo si erano
andate costituendo nei Paesi dell' Europa occidentale numerose organizzazioni
di carattere politico, concordi nella volontà di realizzare la prospettiva
dell'Europa unita. Gli esponenti principali di tali organizzazioni
parteciparono al Congresso d'Europa apertosi all'Aja il 7 maggio 1948 promosso
da un Comitato Internazionale per l'unità europea presieduto dal leader
britannico Churchill. Le conclusioni del Congresso furono esposte il 9 maggio
ad Amsterdam nel corso di una grande manifestazione pubblica.
Per
una ripresa dei Paesi dell'Europa occidentale dal punto di vista economico-sociale
operò concretamente l'iniziativa statunitense del Piano Marshall. I Paesi
dell'Europa occidentale decisero di gestire in comune gli aiuti ricevuti dagli
Stati Uniti e diedero così vita all'OECE, la prima organizzazione di
collaborazione euro-americana, ma anche di stretta cooperazione tra gli Stati
europei. Dieci Stati dell'Europa occidentale, per dare concreta realizzazione
alle istanze formulate al congresso dell'Aja del Movimento europeo, il 5 maggio
1949 a Londra sottoscrissero il Trattato che istituiva il Consiglio d'Europa.
2. LA COSTITUZIONE DELLA COMUNITA’ EUROPEA.
Nel
maggio del 1950 il Ministro degli affari esteri francese, Robert Schuman,
progettò la creazione di un mercato comune carbosiderurgico tra la Francia e la
Germania, coinvolgendo però anche altri Paesi europei interessati. Per dare
concreta attuazione della dichiarazione Schuman, dopo alcuni mesi di lavoro da
parte di una commissione costituita dai rappresentanti degli Stati, sottoscrissero
a Parigi il 18 aprile 1951 il trattato istitutivo della Comunità Europea del
Carbone e dell'Acciaio (CECA). Prendeva così vita un'organizzazione
internazionale del tutto nuova basata sull'attuazione concreta dei principi
fondamentali di integrazione e destinata a realizzare fra i sette Stati membro:
FRANCIA, BELGIO, ITALIA, REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA, LUSSEMBURGO E PAESI
BASSI, un ordinamento giuridico di natura confederale. La CECA entrò in
funzione il 27 luglio del 1952 e le sue istituzioni s'insediarono a Lussemburgo
ad eccezione dell'Assemblea le cui sedute si sarebbero svolte a Strasburgo
nella sede del Consiglio d'Europa.
Il 25 marzo 1957 furono firmati a Roma i due trattati relativi all'istituzione della Comunità Economica Europea, nota anche come Mercato comune, e della Comunità Europea dell'energia atomica (CEEA), definita normalmente come EURATOM. Quest'ultima riproponeva ancora una volta l'integrazione nel settore economico; mentre la grande novità era rappresentata dalla Comunità Economica, in quanto si rendeva esplicito una volta per tutte il vero obiettivo degli Stati Europei: l'integrazione di tutti gli aspetti dell'economia. Anche in questo caso i Paesi firmatari dei relativi trattati furono i sei che qualche anno prima avevano dato vita alla CECA. Fino al 1987 (con l'entrata in vigore dell'atto unico europeo) la Comunità non modificò i suoi obiettivi, ma si allargò geograficamente aumentando il numero dei propri membri con l'adesione di Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca (1 gennaio 1973), Grecia (1 gennaio 1981), Spagna e Portogallo (1 gennaio 1986).
[1] Le Commissioni permanenti sono: I – Affari costituzionali,
della Presidenza del Consiglio e interni. II – Giustizia. III – Affari esteri e
comunitari. IV – Difesa. V – Bilancio, tesoro e programmazione. VI – Finanze.
VII – Cultura, scienza e istruzione. VIII – Ambiente, territorio e lavori
pubblici. IX – Trasporti, poste e telecomunicazioni. X – Attività produttive,
commercio e turismo. XI – Lavoro pubblico e privato. XII – Affari sociali. XIII
– Agricoltura.
[2] Costituzione della Repubblica italiana, art. 77.